Corriere della Sera

In Italia l’ictus non è uguale per tutti

Il codice di soccorso specifico è attivo solo in alcune regioni e le Stroke Unit, dove il problema si può affrontare al meglio, sono poche e mal distribuit­e

- E. M. Elena Meli

L’ictus non è uguale per tutti. Se colpisce, bisogna aver la “fortuna” di trovarsi nel posto giusto: in alcune città italiane la probabilit­à di uscirne con pochi danni è più che concreta, ma ci sono intere province dove avere un ictus è una condanna. Perché non viene applicato il codice ictus, per trasportar­e le vittime dove possano trovare le cure migliori, e perché le più vicine “unità speciali” per combattere la malattia (le Stroke Unit) sono distanti chilometri.

Un’eterogenei­tà di accesso alle terapie drammatica, segnalata dall’Associazio­ne per la lotta all’ictus cerebrale (Alice) in occasione del mese della prevenzion­e dell’ictus, ad aprile: in Italia servirebbe­ro circa 350 Stroke Unit ma ne abbiamo 166, di cui 103 al nord. In una città come Napoli non ne esiste nemmeno una; nel Lazio ce ne sono 5, tutte a Roma. Con queste premesse è impossibil­e rispettare i tempi stretti per ridurre al minimo le conseguenz­e dell’ictus: per ogni minuto senza cure migliaia di neuroni muoiono e si perdono tre giorni di vita in buona salute.

« Il primo passo sarebbe estendere ovunque l’uso del codice ictus, per il momento attivo in Toscana, Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria e parte dell’Emilia Romagna — osserva Domenico Inzitari, responsabi­le della Stroke Unit all’ospedale Careggi di Firenze —. Si tratta di dare un “bollino” ai casi identifica­ti come possibile ictus, così da far loro percorrere una corsia preferenzi­ale ntro il 2020 gli ictus rischiano di raddoppiar­e per l’aumento dell’età della popolazion­e e già oggi si registrano circa 160 mila vittime l’anno. «Oltre l’80% dei casi, però, si potrebbe prevenire — dice Paolo Binelli, presidente di Alice Onlus — adottando uno stile di vita sano fin da giovani. Dieta adeguata, movimento, no al fumo: sono i capisaldi anti ictus. Fondamenta­le tenere sotto controllo pressione, colesterol­o, glicemia e curare un’eventuale per arrivare prima possibile nel reparto giusto: solo il 5% delle vittime ha necessità di assistenza cardioresp­iratoria, uno dei requisiti per avere il “codice rosso” che innesca la precedenza dei soccorsi, così dove non è attivo un codice ictus si perde molto tempo prezioso e i pazienti finiscono nel pronto soccorso più vicino, non sempre attrezzato per gestire al meglio la malattia».

«Essere trasportat­i in una Stroke Unit, come accadrebbe se ne avessimo a sufficienz­a e ovunque funzionass­e il codice ictus, è fondamenta­le: chi viene ricoverato qui ha una degenza dimezzata e una riduzione del 25% della disabilità a un anno — aggiunge Paolo Binelli, presidente di Alice —. I costi per creare questi reparti sarebbero perciò ripagati in un paio d’anni, considerat­i i risparmi possibili».

«Nelle Stroke Unit il paziente è subito preso in carico da un team multidisci­plinare di “super esperti” di ictus con medici, fisiatri, logopedist­i — dice fibrillazi­one atriale, aritmia che aumenta molto il pericolo». Per salvare il cervello serve anche sapere che cosa è un ictus e come riconoscer­lo. Ora la app Ictus 3R (dalle tre parole chiave: riconoscer­e, reagire, ridurre), realizzata dall’Università di Firenze e dal Cnr, scaricabil­e su www.ictus3r.it, insegna a capire i primi segnali dell’ictus e a reagire tempestiva­mente; è possibile inoltre conoscere il proprio livello di rischio. Francesca Romana Pezzella, neurologa della Stroke Unit dell’ospedale San Camillo-Forlanini di Roma —. La riabilitaz­ione può iniziare fin dalle prime ore e questo fa la differenza per un recupero ottimale. L’estrema disomogene­ità nell’accesso alle cure prosegue dopo il ricovero acuto: la riabilitaz­ione in strutture residenzia­li o in ambulatori­o è molto frammentat­a e spesso passano settimane prima che i pazienti siano presi in carico dalla struttura adatta».

I centri accreditat­i, spesso privati, sono distribuit­i a macchia di leopardo e la possibilit­à di accesso ai trattament­i cambia da regione a regione, con costi che non di rado ricadono sulle famiglie: se il Servizio sanitario spende 3,5-4 miliardi di euro per l’assistenza dei pazienti con ictus, le stime indicano che l’esborso dei familiari è circa quattro volte superiore.

«Il percorso, dalla comparsa dei sintomi alla riabilitaz­ione, è accidentat­o. Vorremmo che diventasse un’autostrada, veloce e semplice, e molto si potrebbe fare senza grossi sforzi. L’ictus è la prima causa di disabilità negli adulti ma, se potessimo mettere in pratica sempre e ovunque ciò che sappiamo funzionare, gli esiti negativi sarebbero molto inferiori e potremmo evitare una ricaduta su tre» conclude Pezzella.

A Napoli, per esempio, non esiste nemmeno un Centro specifico per questa emergenza Per ogni minuto che passa senza ricevere cure idonee si perdono migliaia di neuroni

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