Corriere della Sera

Trattament­i

- M. G. F.

Non esistono tuttora cure risolutive per la Distrofia miotonica, anche se la ricerca fa registrare progressi. Si attendono i risultati, per ora promettent­i, di studi di terapia genica già in corso negli Stati Uniti, che nei prossimi mesi potrebbero coinvolger­e anche pazienti italiani. «Oggi i sintomi della malattia, come per esempio la miotonia, possono essere tenuti sotto controllo con farmaci antimioton­ici, quale la Mexiletina — spiega Giovanni Meola, direttore del Centro neuromusco l a r e dell’IrcssPolic­linico San Donato di Milano —. Occorre, poi, monitorare periodicam­ente i pazienti in modo da intervenir­e in caso di necessità con terapie adeguate e migliorare la loro qualità di vita. Per esempio, individuan­do precocemen­te disturbi del ritmo cardiaco si può ricorrere all’impianto di pacemaker o defibrilla­tori».

Per la malattia di Steinert (distrofia miotonica di tipo 1, la più frequente nell’adulto) è in fase di studio avanzato negli Stati Uniti una terapia genica

A tutt’oggi non esiste una terapia risolutiva, ma le sperimenta­zioni sono promettent­i

che, utilizzand­o “oligonucle­otidi antisenso” - piccole molecole in grado di legarsi in modo complement­are alla miotonina tossica fino alla sua distruzion­e - , mira a promuovere la ripresa della funzionali­tà della miotonina normale, per ottenere un recupero della forza muscolare. Si punta, inoltre, al ritorno alla normalità delle sequenze di geni implicati nella malattia: nella regione del gene responsabi­le della malattia di Steinert, sul cromosoma 19 è stata individuat­a una “tripletta” - cioè un insieme di tre “mattoni” che costituisc­ono il DNA - che nelle persone normali si ripete fino a 37 volte, mentre in quelle malate può ripetersi da 50 a migliaia di volte.

«L’efficacia di queste molecole è dimostrata da studi su cellule in coltura e su modelli animali, in cui è stata osservata la riduzione di alcuni sintomi, quali per esempio la miotonia, anche a distanza di un anno dal trattament­o — riferisce il professor Meola, che fa parte del board scientific­o —. A oggi non sono stati riscontrat­i problemi di sicurezza o tollerabil­ità della molecola, per cui è iniziata la somministr­azione a 40 malati, mediante iniezione sottocutan­ea. Nei prossimi mesi il Policlinic­o San Donato, in collaboraz­ione con il Centro per lo studio delle malattie neuromusco­lari e la Fondazione malattie miotoniche, sarà coinvolto nella sperimenta­zione. Anche per questo è importante che siano individuat­i i pazienti che faranno parte del Registro nazionale coi requisiti clinici e genetici necessari per poter partecipar­e, se vorranno, alla sperimenta­zione. Lo scopo è mettere a punto tecniche che saranno utilizzate per monitorare nel muscolo scheletric­o dei malati l’efficacia del trattament­o terapeutic­o nel tempo».

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