Un ticket per chi prenota e poi non si presenta
Dopo anni di frammentazione del Servizio sanitario, anni in cui ogni Regione è andata per conto suo, oggi si tenta una sorta di riunificazione nel Patto per la salute. C’è, se non altro, la possibilità di scegliere tra le diverse esperienze, da quelle più brillanti a quelle più cervellotiche, le soluzioni che garantiscono i migliori risultati e non solo quelle che fanno risparmiare soldi. Non ci sembra una buona idea, per esempio, estendere a tutti come è stato auspicato anche dalla ministra Lorenzin, il ticket sui “codici bianchi” in Pronto soccorso, soluzione “lombarda” al problema dell’intasamento delle emergenze. Perché pensiamo che per la mamma che porta il bambino in Pronto soccorso per poche linee di febbre, per chi sente strani sintomi e ha paura che gli venga un infarto, mentre è soltanto un indigestione, per l’anziano solo che si presenta in ospedale a giorni alterni per sentirsi confortato, il ticket sia soltanto una tassa sull’ansia, sulla paura, sull’ipocondria. Ma queste persone, si dice, ostacolano il soccorso ai casi più seri. Vero. Ma se trovassero risposta nella medicina del territorio (medici di base, guardie mediche eccetera) non intaserebbero gli ospedali. Il Pronto soccorso è un collo di bottiglia che si blocca perché non c’è un adeguato filtraggio a monte e, talvolta, un adeguato deflusso a valle, per mancanza di posti letto o personale. Il ticket sui codici bianchi quindi fa pagare al cittadino l’inefficienza del sistema. Più sensata ci sembra la proposta, che viene dall’Emilia Romagna, di tassare chi non si presenta (dal 20 al 30% dei casi) a una visita specialistica o a un esame prenotati. Ci sembra più giusto far pagare i maleducati piuttosto che gli spaventati.