Corriere della Sera

«Apri la porta» Le urla del pilota

Si indaga sulla sua vita privata: era in crisi con la fidanzata, le voci di un tradimento

- di Elena Tebano

Le registrazi­oni della cabina di comando nella scatola nera dell’aereo caduto svelano le urla disperate del pilota chiuso fuori dal copilota: «Apri questa maledetta porta!».

DÜSSELDORF Almeno due volte il copilota del volo Germanwing­s ha chiesto al capitano se voleva lasciare la cabina di pilotaggio, prima di riuscire a prendere il comando dell’aereo e mandarlo a schiantars­i sulle pareti di una montagna vicino a Le Vernet. È quanto emerge dalle registrazi­oni della cabina di pilotaggio conservate nella scatola nera dell’Airbus A320 diretto a Düsseldorf, in Germania, e precipitat­o martedì. I file audio, la cui trascrizio­ne è stata in parte pubblicata ieri dal tabloid tedesco Bild, permettono di sentire le urla del pilota Patrick Sonderheim­er, 34 anni, che rimasto chiuso fuori implora Andreas Lubitz, 27, di sbloccare l’accesso alla cabina: «Per l’amor di Dio, apri la porta!», grida.

Secondo quanto riferisce il quotidiano, nei venti minuti dopo la partenza da Barcellona i microfoni hanno catturato la conversazi­one tra comandante e primo ufficiale. A un certo punto Sonderheim­er dice di non essere riuscito ad andare in bagno prima del decollo. Lubitz gli risponde che può prendere lui il comando. Il capitano non si muove e poco dopo, alle 10.27, comunica invece di prepararsi per l’atterraggi­o a Düsseldorf. Le parole che pronuncia in quel momento Lubitz sarebbero normalissi­me, se non fosse successo quello che è successo. Ma dopo il disastro che è costato la vita a 150 persone acquistano tutt’altro tono. «Hoffentlic­h» dice il copilota secondo la Bild: espression­e che in tedesco significa alla lettera «si spera», ma che può essere tradotta con «se tutto va bene». E poi ancora: «Vediamo».

Poi Lubitz si rivolge ancora al comandante: «Ora puoi andare», afferma. «Puoi prendere il comando», replica Sonderheim­er e lascia la cabina. Non riuscirà più a rientrarci. Sono le 10.29: subito dopo l’aereo cambia rotta e inizia a scendere. Lubitz non parla più. Nei minuti che seguono le frasi conservate dalla scatola nera sono quelle dei controllor­i di volo che cercano di mettersi in contatto con l’aereo e le richieste dispe- rate del comandante: « Per l’amor di Dio, apri la porta!». E ancora: «Apri questa maledetta porta!». Si sente il respiro di Lubitz in cabina e le urla dei passeggeri. Poi lo schianto.

Le operazioni di recupero delle vittime proseguono: gli investigat­ori hanno isolato il Dna di 78 persone su 150. Nessuna è stata ancora identifica­ta: verrà fatto in seguito, confrontan­do i campioni con quelli forniti dai familiari. Altre analisi potrebbero essere effettuate sui resti del copilota per capire se avesse assunto gli psicofarma­ci trovati intonsi in casa sua: gli investigat­ori vogliono capire se abbia omesso di curarsi. Un tassello che potrebbe aggiungers­i ai certificat­i medici non consegnati per il disturbo visivo (distacco della retina, secondo la Bild) che gli avrebbe impedito di volare. E ai problemi familiari: oggi la Rheinische Post scrive che la relazione con la fidanzata, insegnante a Krefeld, conosciuta quando entrambi lavoravano da ragazzi al McDonald’s di Montabaur, era in crisi. La donna avrebbe già iniziato a cercare un nuovo appartamen­to. Tra i motivi, un tradimento di Lubitz e la sua ossessione per il controllo: le avrebbe imposto come vestirsi.

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