Giovanni e il brindisi dell’acqua calda con la missione del 1970 nella Cina di Mao
uando ancora nessuno poteva immaginare che un giorno il neocapitalismo di stato avrebbe conquistato la Pirelli a suon di miliardi, la Bicocca andò in missione nella Cina comunista. Toccò a Giovanni Pirelli, il figlio maggiore di Alberto e fratello di Leopoldo, organizzare e finanziare il primo viaggio di una delegazione nel Paese di Mao dopo decenni di chiusura. Non fu una missione di affari, ma politica. Reduce dall’ubriacatura ideologica della Rivoluzione Culturale, la Cina cercava di aprirsi al mondo, anche se sarebbero stati necessari tanti anni prima di assistere al trionfo del pragmatismo di Deng Xiaoping. Giovanni, partigiano, uomo di cultura e di sinistra, che aveva rinunciato alla missione familiare e aziendale, si imbarcò da Linate il 26 ottobre 1970 con un gruppo di intellettuali, militanti maoisti e lavoratori. Tra gli altri c’erano Lisa Foa, l’avvocato Sergio Spazzali, il sociologo Giovanni Mottura, un operaio di Mirafiori e Mario Mosca, dipendente della Bicocca, che per la prima volta metteva piede su un aereo. Le note dell’«Oriente è Rosso» accoglievano gli stranieri. I cinesi offrivano brindisi con bicchieri d’acqua calda, però i treni avevano tre classi. L’uguaglianza era nella povertà. Pirelli visitò comuni agricole e fabbriche a Nanchino, Tiensin, Pechino, Shangai: su una bacheca comparve la foto di uno sciopero alla Pirelli. Al ritorno ognuno raccontò le proprie impressioni su quella formula di Stato. Tutto cambia: ora la via al socialismo passa dall’Opa di ChemChina.