TAGLIARE LA SPESA? AFFARE DA MINISTRI
strada dell’aumento delle tasse — ipotesi contro la quale, parlando alla Camera, ha messo in guardia anche il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi — l’importanza di quell’intervento che, con termine ormai di moda, viene chiamato spending review.
In alcuni casi, quando si dovranno tagliare nodi politicamente sensibili, l’operazione dovrà essere eseguita ricorrendo alle forbici. In altri casi, laddove si tratterà di intervenire nei meccanismi e nei sistemi organizzativi degli infiniti centri di spesa, sarà più utile intervenire con il cacciavite. Quale che sia lo strumento che si sarà scelto di impiegare, ben venga, dunque, la revisione della spesa (magari chiamandola così, in italiano, affinché tutti possano capire di che cosa si tratti).
E ben venga anche la decisione di affidarla a persona come Yoram Gutgeld, deputato pd ed ex alto dirigente McKinsey, espressione diretta del presidente del Consiglio. Se si vuole che parta col piede giusto e abbia possibilità di successo, non ci devono essere dubbi sul fatto che essa goda del pieno sostegno dell’autorità politica.
Qualche perplessità, tuttavia, deriva dal fatto che per un’operazione così impegnativa, destinata a coinvolgere l’intero apparato dello Stato, sia stata di nuovo creata la figura di un commissario. Questo modo di intervenire sottintende l’idea di un governo che agisce con strumenti eccezionali, in regime di amministrazione straordinaria, fuori e, di riflesso, almeno in parte inevitabilmente contro la normale pubblica amministrazione. Alti, pur senza pensar male, potrebbero essere i rischi di intoppo: la pratica che si arresta per l’assenza di una valida autorizzazione, l’accesso a una documentazione che ritarda o non viene concesso per il mancato, superiore coordinamento tra uffici. E gli esempi si potrebbero moltiplicare. L’esperienza vissuta come commissari incaricati della spending review prima da Enrico Bondi e,
Esperienze precedenti Il ricorso a un commissario sottintende l’idea di un governo che agisce con strumenti eccezionali E troppi sono i rischi di intoppo
poi, da Carlo Cottarelli insegna qualcosa.
Il premier avrebbe potuto nominare la persona di sua fiducia sottosegretario alla presidenza del Consiglio o — meglio ancora — ministro, con delega e attribuzioni specifiche. Lo avrebbe messo, così, nelle condizioni di dialogare da pari con gli altri membri del governo e, tramite loro, con l’intera pubblica amministrazione.
La necessità di sostituire due ministri dimissionari (Maurizio Lupi e Maria Lanzetta) avrebbe potuto offrire l’opportunità di un intervento nel campo della spesa pubblica ben più efficace della semplice nomina di un commissario. Ad esempio accorpando la competenza sulla revisione della spesa con quelle sugli affari regionali e quella sui fondi europei: due campi, questi ultimi, decisivi per il controllo su come e in quale misura si spendono i soldi pubblici. Qualora spiegata con l’opportunità di mettere in campo un’autorità specificamente incaricata di rivedere e controllare la spesa pubblica, gli italiani (a partire dal presidente della Repubblica a cui, su proposta del presidente del Consiglio, è riservato il diritto di nomina dei ministri) avrebbero compreso e condiviso. In ogni caso la prova del budino si ha mangiando. Al di là della qualifica, l’opera del neo commissario Yoram Gutgeld sarà giudicata sulla base dei risultati.