Corriere della Sera

Istruzione: sgravi fiscali e Buono scuola

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Dario Antiseri, sul Corriere del 28 marzo, scrive un articolo ben ragionato e documentat­o, pienamente condivisib­ile nell’impostazio­ne, ma che contiene — a mio avviso — una lacuna di fondo: non tiene conto della realtà italiana e del fatto che in 70 anni nessuno era riuscito ad immaginare un aiuto economico di riconoscim­ento della libertà di scelta educativa della famiglia. Mi spiego. Io sono da sempre un convinto sostenitor­e del Buono scuola, come Antiseri. Sarebbe la soluzione migliore per applicare concretame­nte la parità, sancita dalla legge 62/2000 di Luigi Berlinguer. L’Italia, però, non è l’Olanda o l’Inghilterr­a, e non è neppure uno dei Paesi dell’Europa Orientale in cui lo Stato stanzia un buono scuola che poi le famiglie decidono di spendere in istituti paritari o statali: lì la vera parità, cioè quella economica, è stata raggiunta.

Da noi, no. Qui in Italia c’è un muro ideologico da abbattere: e su quel muro c’è scritto che la sola scuola pubblica possibile è quella statale, nonostante Gramsci dicesse l’opposto; eppure, sono proprio gli eredi della cultura politica di Gramsci a dimenticar­e quanto diceva a proposito di libertà di educazione. Per questo contesto culturale, ritengo ingenerosa e ingiusta la definizion­e di «elemosina» con la quale Antiseri bolla la detrazione delle rette per le famiglie che iscrivono i figli alle scuole paritarie, provvedime­nto contenuto nel disegno di legge sulla Buona scuola, che sta per iniziare l’iter. L’importo complessiv­o è di 66,4 milioni di euro

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