Corriere della Sera

Sono scomparsi i campioni, un problema non soltanto italiano

- Di Mario Sconcerti

Oggi che si parla di Nazionale, e senza sinceramen­te colpe per Conte, credo dovremo sul serio pensare al modo improvviso in cui si è fermata in Italia la nascita di grandi calciatori. L’evidenza farebbe dire che la responsabi­lità è dell’arrivo di tanti stranieri, e questo incide certamente, ma se i grandi giocatori ci fossero giocherebb­ero pur da qualche parte e li vedremmo. Magari in B. Ma non se ne vedono. Il problema degli oriundi, discussion­e pessima, non è nella loro origine etnica, ma nella loro qualità normale. Fanno numero, non differenza. Quando gli oriundi erano Sivori e Altafini a nessuno veniva in mente di discutere. Eppure se l’Italia ha avuto un’abbondanza è sempre stata quella di campioni. Sono troppo lontani gli anni dell’anteguerra, quelli di Meazza, Piola, Ferrari, ma dal Grande Torino in poi abbiamo avuto la generazion­e di Valentino Mazzola e Boniperti, poi di Rivera, Sandro Mazzola, Bulgarelli, Corso. nello stesso momento attaccanti come Riva, Boninsegna, Pulici, Prati. A questa generazion­e ha fatto seguito quella di Bearzot con Rossi, Tardelli, Scirea, Causio, Antognoni, con Altobelli che faceva la riserva, Beccalossi nemmeno convocato e chissà quanti ne dimentico. Siamo infine arrivati al tempo di Baggio, con Del Piero, Totti, Zola, Mancini, attaccanti come Signori, Inzaghi, Vieri, la gioventù di Pirlo. Poi improvvisa­mente niente, la normalità. Si è detto della scomparsa del calcio in strada. Quella degli oratori, il danno del socialismo tecnico delle scuole calcio dove devono giocare tutti perché pagano una retta frenando l’evoluzione e la selezione. Si è parlato del cambio dei tempi, questa è l’epoca delle playstatio­n, i giovani sono diversi, hanno interessi diversi. Tutto vero, ma non basta. Il vuoto è troppo. Se allargo gli orizzonti non c’è molta differenza. Gli inglesi sono stati spazzati dalle competizio­ni, i tedeschi hanno due squadre sulle sedici rimaste, i francesi anche, ma solo con club finanziati da patron fuori misura. Questo allarga il problema, i grandi giocatori stanno mancando quasi dovunque. Anche in Brasile. Lo spettacolo delle television­i funziona da profumo, questo ci fa scambiare spesso un buon giocatore per un grande, poi guardando Messi, Ronaldo o Ibrahimovi­c capiamo la differenza. Con le mezze stagioni, sembra essersene andato anche il modo di diventare fuoriclass­e. Se il problema è generale, deve esserlo anche la causa. Credo che molto dipenda dalla velocità. Ha reso più duri i contatti fisici e più complesso il controllo del pallone. Oggi dovunque si allena la resistenza di un calciatore competitiv­o perché deve durare per sessanta partite e perché gli avversari fanno la stessa cosa, corrono di più. Inoltre correre è molto più facile che giocare benissimo al calcio. Abbiamo probabilme­nte scelto la parte più gestibile del gioco. Viene meglio anche agli allenatori. Nessuno insegna più il dribbling, solo schemi che portano in fondo al campo a forza di passaggi. Il calcio femminile, dove si corre per forza meno, in un modo simile a quello maschile di quindici-venti anni fa, è molto più tecnico. Ma se almeno una parte della colpa sta nella velocità, noi italiani dovremmo esserne immuni. Siamo di solito lenti. Vero, ma quello non è un problema di preparazio­ne fisica, è una questione tattica. Gli altri corrono, noi schermiamo, facciamo massa per annullare la loro corsa. Non è inferiorit­à, è una scelta. In sostanza non siamo noi la cura, ma non lo sono nemmeno gli altri. Forse non esiste cura, bisogna solo aspettare. O forse il calcio è vicino al suo limite.

Equivoci Si confondono buoni giocatori con i fuoriclass­e, poi vedi Messi, Ronaldo, Ibra e capisci la differenza

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