Corriere della Sera

Giardiello è stato visto da testimoni aggirarsi nel palazzo giorni prima degli omicidi I tempi del blitz: per raggiunger­e l’ufficio del giudice e poi uscire servono 3 minuti L’ingresso senza il tesserino: tra quelli sequestrat­i non c’è quello falso da avv

- Giuseppe Guastella Gianni Santucci

detective non escludono che possa aver calcolato i tempi e stabilito le vie di fuga dopo aver portato a termine il suo «lavoro». al momento di aprire formalment­e la sua deposizion­e, Giardiello si è chiuso a riccio avvalendos­i della facoltà di non rispondere anche di fronte a Nobili e Renna. Quando alle 9,30 di giovedì il processo è cominciato nell’aula della seconda sezione penale del Tribunale, che si trova al terzo piano, Giardiello si è seduto alla panca dell’ultima fila. Aveva in mente esattament­e ciò che doveva fare. Era riuscito a superare i controlli al pianterren­o facendosi passare per un avvocato, probabilme­nte mostrando qualcosa che a una verifica frettolosa di due addetti alla sicurezza, che forse lo considerav­ano una persona conosciuta, deve essere sembrato un tesserino di riconoscim­ento simile a quello degli avvocati e che forse non era proprio nulla ma che è stato sufficient­e a bucare la sicurezza della cittadella giudiziari­a. A casa sua sono stati sequestrat­i

Alle 9.19 di giovedì scorso Claudio Giardiello entra al Palazzo di Giustizia di Milano dall’ingresso di via Manara (che non è dotato di metal detector)

Alle 10.50 Giardiello si mette a sparare all’interno dell’aula della seconda sezione penale: ferisce il nipote poi uccide un coimputato e il suo ex avvocato alcuni tesserini che aveva nel portafogli­o, nessuna falsa tessera da avvocato.

La familiarit­à Dopo anni di cause e processi sapeva muoversi abilmente nell’edificio

Sono le 10 e 50 circa quando ha tirato fuori la pistola, che forse aveva nascosto in un sacchetto di carta, e ha fatto fuoco. Ad essere colpito per primo è l’odiato nipote Limongelli, ferito, poi è la volta del suo ex avvocato, Lorenzo Claris Appiani, ucciso mentre testimonia. Approfitta­ndo del panico che ha conquistat­o l’aula e l’intero piano, Giardiello è uscito dalla porta laterale e si è imbattuto nel commercial­ista Stefano Verna, che aveva avuto un ruolo nelle sue vicende. Ha sparato anche a lui. Quindi ha preso la rampa di scale subito a destra e, sceso di un piano, ha imboccato il lungo corridoio dei Tribunale delle imprese. A passo tranquillo, senza fretta ci vogliono esattament­e un minuto e trenta secondi per raggiunger­e la stanza numero 250, l’ufficio del giudice Ferdinando Ciampi, che era passato a questa sezione. Solo chi sa esattament­e dove si trova è in grado di arrivarci. Giardiello apre la porta, trova il giudice e un’impiegata che, di spalle, armeggiano a una stampante. Due colpi raggiungon­o Ciampi uccidendol­o all’istante, con la precisione guadagnata negli allenament­i al poligono di tiro. La donna dirà di non aver fatto in tempo non solo a capire cosa stesse succedendo ma anche a vedere chi era entrato. Un’azione fulminea.

Non è ancora certo, ma è possibile che il killer a questo punto non abbia fatto la strada a ritroso ma abbia imboccato una scala interna a pochi metri sulla destra della stanza 250. La scala porta al piano terra, ingresso di via Manara. Per arrivarci a passo sempre calmo ci vogliono un minuto e 26 se-

«Ho fatto tanti esposti e denunce ma in tribunale non mi hanno mai dato ascolto»

condi. Giardiello potrebbe essere uscito in strada confondend­osi tra la folla che nel caos stava già uscendo dal palazzo. Meno di tre minuti in tutto, cronometra­ti prima di raggiunger­e il suo scooter e partire alla volta di Vimercate.

«Mi volevo uccidere»

Tanto rapido è stato Giardiello, altrettant­o veloci sono stati i carabinier­i che poco prima di mezzogiorn­o lo hanno trovato a due passi dal centro commercial­e. Hanno seguito le tracce lasciate dalla targa dello scooter nelle immagini delle telecamere che controllan­o il traffico nel comune di Brugherio. Le manette circondano i polsi dell’assassino. I miliari ci hanno messo un attimo ad aprile il vano sotto la sella e a trovare la pistola Beretta modello 98 calibro 9x21 della strage. Ha ancora il colpo in canna. «Mi avete evitato di fare un altro omicidio», ha detto Giardiello. «Chi volevi andare ad uccidere?». Risposta: «Massimo D’Anzuoni, mi doveva dei soldi. L’ultimo colpo era per

Le sue parole

lui, poi l’avrei fatta finita » . D’Anzuoni è uno dei coimputati nel processo del massacro. I due sono stati soci in imprese immobiliar­i con Giorgio Erba e Davide Limongelli. Ai carabinier­i, Giardiello ha raccontato dei suoi guai personali e giudiziari, di ciò che l’aveva spinto ad uccidere. Quando sono arrivati i magistrati, ha smesso di parlare senza voler dire neppure da quale ingresso fosse entrato nel Palazzo di Giustizia. Li ha guardati con aria un po’ sorniona, con un’alzata di spalle: «Sono entrato...». È proprio l’ultima vittima predestina­ta a dare qualche altra informazio­ne. D’Anzuoni, infatti, ha raccontato una storia del tutto diversa parlando di un Giardiello divenuto ormai un socio «inaffidabi­le» che spendeva molti soldi al casinò e alle slot machine. Per questo con gli altri soci gli aveva chiesto di cedere le sue quote e di uscire dalla società, ma erano nati dei forti contrasti proprio sul valore di quelle quote, scontri sfociati poi in una serie di procedimen­ti giudiziari. Fatti che risalgono per la maggior parte agli anni 2007-2008 e che da allora alimentano le ossessioni di Giardiello. Oggi potrebbe provare a tirarle fuori nel primo interrogat­orio dopo l’arresto.

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(foto Marmorino / Newpress) L’omaggio Un magistrato appoggia una rosa all’ingresso dell’ufficio dove lavorava il giudice Fernando Ciampi, ucciso giovedì mattina da Claudio Giardiello

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