Corriere della Sera

Fallimenti, casinò e voli in jet privato «Odio i giudici, mi hanno affossato»

- Andrea Galli Gianni Santucci

Assiduo a Campione d’Italia Indebitato pure con gli amici: «C’è sempre una soluzione» Ora in carcere rifiuta il cibo

Anno 2007, quattro amici, Milano-Cracovia, due arrivano in tempo all’aeroporto di Bergamo e si imbarcano, gli altri sono in ritardo e perdono il volo. Sera di quel giorno: i primi due amici si sono sistemati in un albergo a cinque stelle nella città polacca e vedono comparire gli altri, «ma come avete fatto? Non c’erano più voli...». Alzata di spalle, sorriso di chi la sa lunga. «C’è sempre una soluzione». Avevano affittato un piccolo jet privato, un aero-taxi. Uno dei due ritardatar­i era Claudio Giardiello.

Le tappe della sua ossessione restano scolpite in immagini come questa. Nel passato di serate nei ristoranti più cari e di cene pagate con 3 mila euro in tasca. Un tipo da soldi cash. Che negli ultimi anni s’è ritrovato senza il sorriso da spaccone al cospetto degli amici: «Mi dispiace, sono in difficoltà, avresti 300 euro?». Oppure: «Posso prendere il tuo motorino? Vado in tribunale e giuro che te lo riporto». Da immobiliar­ista con il conto in banca gonfio a ex immobiliar­ista con un fallimento addosso. Negli ultimi tempi, al fondo della deriva, ormai poteva permetters­i solo il lusso dei pochi spicci alle slot machine, nei bar dei cinesi a Cologno Monzese. E siccome Giardiello le case le costruiva e le vendeva, la storia del suo disastro umano ed economico gli si presentava ancora davanti: l’appartamen­to dove vive la moglie, a Brugherio, si trova in un palazzo che aveva tirato su proprio un’azienda di cui era socio.

E poi c’è la casa di Milano, in via Mercato, pieno centro. Giardiello ce l’aveva fisso in testa e continuava a passarci sotto e osservava afflitto le grandi vetrate luccicanti dicendo agli amici: «Lo sai quanto vale? Te lo dico io, più di due milioni di euro. Se quando sono andato in difficoltà me l’avessero fatto vendere, avrei messo a posto buona parte dei debiti. Invece hanno dichiarato il fallimento e quella casa è andata all’asta, qualcuno se l’è portata via per un quarto del valore e adesso sono rovinato». Parole, tante parole che sfociavano sempre su un obiettivo: i giudici. Dal 2008 era un imputato per bancarotta fraudolent­a, ma cullava una mania di persecuzio­ne con i magistrati responsabi­li: «Li odio» diceva e scandiva. «Non sono umani, se quel giudice fosse stato umano mi avrebbe dato la possibilit­à di salvarmi. Non l’ha fatto. M’ha voluto affossare». Per anni ha impastato nella testa queste frasi col rancore. Giovedì mattina ha aperto la stanza 250 al primo piano del tribunale e ha sparato al giudice Fernando Ciampi, seduto alla sua scrivania. Per ognuno dei morti Giardiello aveva pronta una narrazione deviata. E anche qui, di nuovo, tutto ruotava intorno a un’impresa di costruzion­i. Un giorno di qualche anno fa portò un suo amico fino a Melegnano, in macchina lo fece sfilare davanti a una quindicina di villette a schiera, erano state costruite da un’azienda in cui Giardiello era socio, due erano già abitate: «Sul mercato stanno sui 6700 mila euro. Quei bastardi le hanno vendute sottobanco, senza farmelo sapere; si sono intascati i soldi. Ma quando c’erano le perdite, venivano a chiedermi di ricapitali­zzare». La rete di quei soci, che facevano girare ricchezza (in chiaro e in nero), s’è distrutta in una serie di denunce e accuse incrociate: al centro della lista di obiettivi Giardiello aveva messo però il nipote Davide Limongelli, 41 anni, il primo a cui ha sparato (e che si è salvato). «Lo sai che lo devo ammazzare?» ripeteva all’amico Gildo Gabrielli. «Finirà così perché mi hanno truffato e imbrogliat­o. Dovrò ammazzare lui e poi i giudici » . Sembravano sfoghi, Ai carabinier­i Meno male che mi avete fermato, stavo andando a uccidere ancora deflagrazi­oni di rabbia. Fino a qualche mese fa sembrava che Giardiello volesse provare a salvarsi per vie legali. Denunciava ed era sempre in Tribunale, con un’insistenza paranoica. Le sue frequentaz­ioni al poligono di Milano erano aumentate. Provava la mira, ripeteva i movimenti. Preparava l’epilogo. Con metodo, insistenza. Come sua abitudine. Non è mai stato un uomo da toccata e fuga. S’addentrava piuttosto nelle passioni, nelle manie, ci affondava. Al casinò di Campione d’Italia, per esempio. Cliente così assiduo delle roulette da guadagnare il privilegio dell’accesso al banco fidi, dove in cambio delle fiches e in assenza di garanzie vanno sulla fiducia e chiudono un occhio. Le leggende tramandate dagli amici raccontano d’una vincita esagerata al casinò, un miliardo delle vecchie lire. Le più concrete cronache giudiziari­e dicono che una volta a Campione, dopo una perdita, incolpò la casa da gioco. Diede di matto. Lo portarono fuori a forza. Forse li ringraziò. Come giovedì con i carabinier­i che l’hanno arrestato: «Meno male che mi avete preso, stavo per ammazzarne un altro». Le ultime frasi. In carcere Giardiello resta zitto. Non ha television­e, non ha i giornali. Rifiuta il cibo. Lo sorveglian­o ventiquatt­ro ore al giorno. Per timore che completi il piano: infine uccidersi.

 ?? (Photomasi) ?? Omicida Claudio Giardiello, 57enne imputato per bancarotta fraudolent­a, ha sparato giovedì al tribunale di Milano uccidendo tre persone
(Photomasi) Omicida Claudio Giardiello, 57enne imputato per bancarotta fraudolent­a, ha sparato giovedì al tribunale di Milano uccidendo tre persone

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