Il giorno dopo tra aule vuote e file agli ingressi
MILANO Un mazzo di fiori bianchi appoggiato alla porta di legno. Il nastro bianco e rosso dei carabinieri che sigilla l’ingresso distingue un ufficio identico a centinaia di altri: stanza 250, secondo piano. Il giudice Fernando Ciampi è stato ucciso qui. Accanto alla porta un avvocato lascia un messaggio anonimo: «Caro presidente l’ho sempre apprezzata per il suo spirito libero e per la sua giurisprudenza fuori dagli schemi. Vivrà sempre nel ricordo di chi, come me, considera sacro il sangue versato per la Giustizia, e “finché il sole splenderà sulle sciagure umane”».
Il pellegrinaggio nei luoghi del Tribunale è costante e composto. Terzo piano, prima aula sulla sinistra, Seconda sezione penale. Alla porta di servizio una calla bianca. Una rosa gialla è invece sul fronte principale, appena oltre le transenne che ancora cingono l’aula dove sono stai uccisi Giorgio Erba e l’avvocato Lorenzo Claris Appiani. Intorno ci sono carabinieri in divisa. Gli stessi che ieri, nel giorno del risveglio di Milano dopo la strage, presidiano i varchi d’accesso insieme a guardie giurate e portieri diventati inflessibili.
I controlli approfonditi bastano a creare code lunghe più di 30 metri. Al varco di via Manara, usato dal killer per entrare e uscire fingendosi un avvocato, le verifiche non sono mai state così attente. Due guardie controllano il tesserino già alla fine della scalinata esterna, altre due indirizzano il flusso di legali che entrano in Tribunale.
Sono migliaia ogni giorno, e questo spiega perché — con la prassi, l’abitudine e qualora venisse accertata anche la negligenza — in questi anni i controlli siano diventati sempre più blandi perché la priorità era quella di garantire l’accesso rapido al Palazzo. La Allsystem gestisce sei varchi su sette. È la stessa azienda che ha curato la sicurezza agli accessi delle Olimpiadi invernali di Torino e che sorveglierà i varchi Expo. «Dallo scorso agosto l’ingresso riservato ad avvocati, magistrati e al personale di via Manara è stato affidato a un’altra ditta», dice l’ex generale Gian Carlo Coscia, security manager dell’azienda. La nuova si chiama Securpolice, fa portierato semplice: la Commissione manutenzione uffici giudiziari ha deciso che non erano più necessari
All’esterno Le code fino in strada lunghe più di 30 metri e le verifiche su tutti i tesserini
uomini con le pistole. Oggi si ipotizza di rivedere il sistema dei soccorsi e quello di evacuazione, non tutto ha funzionato a dovere. Il pm Marcello Musso chiede ai carabinieri di aumentare la sicurezza anche nell’aula bunker di San Vittore, dove si processano boss e assassini. Il Palazzaccio di Mani Pulite s’è scoperto fragile e meno sicuro.