Meno guardie e più portieri Le linee guida: risparmiare
Portieri al posto di guardie armate. O per meglio dire, un tot di personale dotato di fondina e revolver e un altro tot che svolge servizi di portierato. È quanto si legge nelle linee guida della gara indetta dal Comune per la vigilanza del Palazzo di Giustizia. Il motivo di tale scelta è scritto nero su bianco nella delibera del 2010: per risparmiare. E non si tratta di pochi soldi, ma di 2 milioni e 800 mila euro. Il nuovo corso ha avuto l’imprimatur dell’allora procuratore generale della Repubblica di Milano che ha approvato con tanto di atto formale la novità introdotta dal Comune. Quindi tutti d’accordo. Meno guardie e più portieri. A dire il vero qualcuno si è opposto a questa scelta: le associazioni di vigilanza privata. Hanno fatto ricorso al Tar sostenendo che un servizio del genere, in un luogo che ha «speciali esigenze di sicurezza» — tanto che il capitolato d’appalto prevedeva l’installazione di sniffer (i rivelatori di esplosivi, ndr) — doveva essere svolto da guardie giurate con regolare porto d’armi e licenza prefettizia. I giudici amministrativi hanno dato una risposta suggestiva: «A parere del Collegio la concreta esistenza di speciali esigenze di sicurezza non è comprovata dall’installazione dei visti dispositivi (gli sniffer, ndr): la decisione di avvalersene non è, infatti, rivelatrice dell’esistenza di un maggior rischio, ma del fatto che alla possibile minaccia si fa fronte anche tramite l’ausilio di essi, obiettivamente destinati ad agevolare lo stesso impegno delle guardie giurate presenti agli accessi del Palazzo di Giustizia milanese». Ossia la macchinetta che annusa la sospetta bomba non è l’indizio che il Tribunale di Milano sia un obiettivo sensibile. Conclusione? Ricorso bocciato anche dal Consiglio di Stato.