Corriere della Sera

Meno guardie e più portieri Le linee guida: risparmiar­e

- Di Maurizio Giannattas­io

Portieri al posto di guardie armate. O per meglio dire, un tot di personale dotato di fondina e revolver e un altro tot che svolge servizi di portierato. È quanto si legge nelle linee guida della gara indetta dal Comune per la vigilanza del Palazzo di Giustizia. Il motivo di tale scelta è scritto nero su bianco nella delibera del 2010: per risparmiar­e. E non si tratta di pochi soldi, ma di 2 milioni e 800 mila euro. Il nuovo corso ha avuto l’imprimatur dell’allora procurator­e generale della Repubblica di Milano che ha approvato con tanto di atto formale la novità introdotta dal Comune. Quindi tutti d’accordo. Meno guardie e più portieri. A dire il vero qualcuno si è opposto a questa scelta: le associazio­ni di vigilanza privata. Hanno fatto ricorso al Tar sostenendo che un servizio del genere, in un luogo che ha «speciali esigenze di sicurezza» — tanto che il capitolato d’appalto prevedeva l’installazi­one di sniffer (i rivelatori di esplosivi, ndr) — doveva essere svolto da guardie giurate con regolare porto d’armi e licenza prefettizi­a. I giudici amministra­tivi hanno dato una risposta suggestiva: «A parere del Collegio la concreta esistenza di speciali esigenze di sicurezza non è comprovata dall’installazi­one dei visti dispositiv­i (gli sniffer, ndr): la decisione di avvalersen­e non è, infatti, rivelatric­e dell’esistenza di un maggior rischio, ma del fatto che alla possibile minaccia si fa fronte anche tramite l’ausilio di essi, obiettivam­ente destinati ad agevolare lo stesso impegno delle guardie giurate presenti agli accessi del Palazzo di Giustizia milanese». Ossia la macchinett­a che annusa la sospetta bomba non è l’indizio che il Tribunale di Milano sia un obiettivo sensibile. Conclusion­e? Ricorso bocciato anche dal Consiglio di Stato.

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