Corriere della Sera

Il rinvio per le liti sui risparmi «Più risorse per il welfare»

Riviste le tabelle dei fondi per le infrastrut­ture, il nodo delle riforme

- Antonella Baccaro

Sembra quasi un copione già scritto, quello del «tesoretto» che spunta dai conti e che, secondo fonti di palazzo, «potrebbe essere destinato alle classi meno abbienti». E un poco lo è. Lo schema dei tecnici ministeria­li chiamati a trovare un po’ di spazio nella rigidità dei conti pubblici per permettere al governo di fare opera di redistribu­zione è lo stesso di un anno fa, quando per la prima volta s’infransero le regole di bilancio per varare una manovra «espansiva», andando a sforare il famoso tetto del 3% del rapporto deficit/Pil.

Questa volta le cifre sono più contenute: qualcosa come 1,5-1,6 miliardi, liberati riprogramm­ando il deficit del 2015 al 2,6% , anziché al livello cui naturalmen­te tenderebbe: il 2,5%. Un meccanismo che già martedì scorso era emerso dalla lettura dei numeri del Def diffusi dal Tesoro.

Ieri però quel gruzzolo sarebbe finito in mezzo alle discussion­i del Consiglio dei ministri del mattino tra chi, come il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, chiedeva uno sforzo maggiore in termini di risorse, rispetto al testo proposto dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, «per evitare tagli o consentire alcune spese» e chi chiedeva che quel «tesoretto» venisse destinato a un impiego «sociale». Per evitare che l’approvazio­ne del Def slittasse un’altra volta o addirittur­a avvenisse «salvo intese», cioè in via provvisori­a, la riunione del Consiglio dei ministri è stata aggiornata alle 20. Intanto la questione «tesoretto» emergeva da alcune indiscrezi­oni di palazzo. «Il governo sta decidendo cosa farne» era la voce raccolta dalle agenzie (nel Def è scritto che «sarà utilizzato per rafforzare l’attivazion­e delle riforme struttural­i»).

Tanto bastava per innescare una corsa all’impiego del «tesoretto»: così se Gianni Cuperlo (Pd) ne reclamava l’uso per «quella fascia di popolazion­e che vive in condizioni di deprivazio­ne sociale e di povertà assoluta», il capogruppo pd, Roberto Speranza, suggeriva «una misura universale di contrasto alla povertà». In un crescendo che è parso destinato a «spingere» il governo ad adottare una misura «sociale» come l’estensione degli 80 euro agli incapienti, in linea con le richieste di quella sinistra del Pd che lo sta facendo tribolare sulla legge elettorale. Oppure la concession­e di un assegno «popolare» o di «inclusione» per i poveri, caro al M5S e alla minoranza pd legata a Pippo Civati. Tutto questo mentre il centrodest­ra bollava l’iniziativa del governo come una «manovra elettorale». Intanto il Def veniva sottoposto a rifinitura, con una nuova versione delle tabelle presentate dal ministero delle Infrastrut­ture. Ma anche, pare, con una versione dei tagli a Regioni e enti locali più edulcorata, in linea con le richieste dei sindaci incontrati giovedì da Renzi. E con quelle delle Regioni. Richieste che farebbero il paio con quelle dei ministeri (emerse nel Consiglio dei ministri del mattino), particolar­mente colpiti dalla nuova spending review.

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