Spesometro, 4 milioni a rischio controlli
Nel mirino il divario tra gli acquisti oltre i 3.600 euro e la situazione reddituale dei contribuenti Ieri la scadenza per l’invio dei dati al Fisco. I commercialisti: troppi accertamenti sui piccoli
Semaforo verde. Da ieri è ripartito lo spesometro. Il 10, il 20 e il 30 aprile sono le scadenze per gli operatori economici (aziende, commercianti, professionisti, esercenti, artigiani, finanziarie e titolari di partita Iva) per comunicare al Fisco i dati per gli acquisti superiori a 3.600 euro effettuati in tutto il 2014. In pratica, se un contribuente ha comperato qualcosa per una cifra superiore a 3.600 euro (Iva compresa), quell’acquisto verrà segnalato all’Agenzia delle entrate anche se di per sé non costituirà un rischio per il contribuente stesso.
Il punto è che lo spesometro è uno strumento che, oltre a tracciare il flusso dell’Iva, contribuisce a fornire dati al redditometro, meccanismo molto più raffinato e da sempre soggetto a mille polemiche. La logica del redditometro è quella di allineare le spese effettuate con il reddito dichiarato, se questo non accade e lo scostamento è superiore al 20%, parte una lettera in cui si chiede al contribuente di chiarire l’origine di certi acquisti. Per questo motivo sarà meglio sempre poter esibire i giustificativi di eventuali cifre incassate anche dai familiari (insomma se i genitori vi aiutano, meglio farsi fare bonifici o assegni). Beni di lusso ma non solo Tutti gli acquisti effettuati nel 2014, la cui cifra supera i 3.600 euro (Iva compresa) dovranno essere comunicati al Fisco
Rispetto al passato l’Agenzia delle entrate ha cambiato l’approccio all’accertamento: anche grazie agli appunti del Garante sulla privacy, non ci si baserà più su calcoli presuntivi (simili a quelli effettuati con gli studi di settore) ma si punta all’analisi delle spese certe. Del resto il nuovo direttore dell’Agenzia delle entrate, Rossella Orlandi, sin dal suo insediamento, aveva assicurato un approccio più centrato al controllo di grandi capitali e meno stretto su famiglie e piccole imprese. Stando però ai dati forniti dalla Fondazione nazionale dei commercialisti, nel 2013, su 329 mila accertamenti Comunicazioni Aziende, professionisti, artigiani, titolari di partita Iva, finanziarie, commercianti, comunicheranno i dati degli acquisti, per esempio di un’auto effettuati dal Fisco(gestione Befera) la maggioranza dei controlli ha riguardato le imprese di piccole dimensioni e i professionisti. Dunque fari puntati, sia in termini numerici che di imposte accertate, su piccole imprese, famiglie e professionisti.
Una tendenza al controllo dei piccoli che si è ripetuta anche Accertamenti Lo spesometro alimenterà con vari dati il «cassetto fiscale» del contribuente: si deciderà anche in base a essi un eventuale accertamento nel 2014 quando degli 8,1 miliardi di euro provenienti da attività di controllo, solo il 26% riguarda i grandi contribuenti.
«I primi dati sul 2014 forniti dalla stessa Agenzia delle entrate nella scorse settimane — afferma Giorgio Sganga, presidente Fondazione nazionale commercialisti — lasciano intravedere una maggiore attenzione dei controlli nei confronti delle imprese di grandi dimensioni, che però non è ancora tale da garantire quell’inversione di tendenza auspicata dalla stessa Amministrazione finanziaria. Eppure un cambio di rotta deciso e tangibile in questo senso è la condizione imprescindibile per il miglioramento del clima di fiducia tra il Fisco e i contribuenti».
Intanto, con la legge di Stabilità, si attende il debutto della «compliance»: una versione 2.0 del redditometro. Stavolta infatti il Fisco registra tutti gli elementi informativi a sua disposizione: ricavi, compensi, redditi, volume d’affari, agevolazioni, deduzioni, detrazioni, fino ai crediti d’imposta e ai beni acquisiti. Tutti dati acquisiti direttamente (tramite spesometro) o indirettamente. In caso di scostamenti sarà il Fisco a invitare il contribuente al ravvedimento spontaneo per limitare le sanzioni. Un meccanismo molto delicato, da maneggiare con cura, basti pensare a quanto divergono i dati fiscali da quelli anagrafici di una famiglia di contribuenti. Una materia incandescente perché se i parametri non fossero ben tarati, fonti autorevoli (anche interne all’Agenzia delle entrate) sostengono che quattro milioni di famiglie italiane si ritroverebbero a rischio accertamento. Un obiettivo del tutto diverso da quello (giusto) annunciato. E nella caccia ai piccoli, di solito, le grandi prede scappano.
I controlli Secondo la Fondazione dei commercialisti la gran parte dei controlli ha riguardato le pmi