Corriere della Sera

Caricature

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Al Museo della Rivoluzion­e dell’Avana rimane «l’angolo dei cretini», dove campeggian­o le caricature di tre presidenti Usa (Ronald Reagan, George Bush padre e figlio, quest’ultimo in versione nazista). Il quarto è Fulgencio Batista, ex dittatore di Cuba bargo americano, ha accusato per anni Fidel. Così, dopo i primi segni di disgelo del dicembre scorso e il procedere stentato dei negoziati per la normalizza­zione delle relazioni UsaCuba, tra la gente l’attesa per il vertice panamerica­no di Panama è stata enorme.

Persone che non amano parlare di politica ora favoleggia­no di un incontro tra Obama e Raúl Castro dagli effetti mira- Anche se poi tutti sanno che gli ostacoli sulla strada del dialogo sono enormi, che il presidente democratic­o non è in grado di ottenere il superament­o dell’embargo dal suo Congresso e che non basterà togliere i vincoli fin qui imposti dagli americani per vedere l’economia cubana rifiorire.

I cubani sono orgogliosi ma pragmatici. A Santa Clara, la città dove Guevara combattè la battaglia decisiva della rivoluzion­e e dove è sepolto, la gente guarda con fiducia a Obama e chi mantiene sentimenti d’astio nei confronti degli yanquis non pensa al Che giustiziat­o in Bolivia davanti ai consiglier­i militari Usa, ma all’ostinazion­e di Washington che continua a isolare il Venezuela anche ora che Hugo Chávez non c’è più. La mobilitazi­one degli ultimi giorni non è stata tanto contro l’embargo quanto per cercare di convincere Obama a revocare l’ordine esecutivo col quale ha definito il Venezuela una straordina­ria minaccia alla sicurezza degli Usa.

Alla vigilia del vertice di Panama quattro milioni di cubani, cioè più della metà della popolazion­e adulta del Paese, hanno firmato una petizione a favore del Venezuela. E il motivo non è difficile da capire: le strade cubane sono semidesert­e non perchè manchino le auto (le vecchie berline Usa e le cabrio degli Anni 50 che danno colore a Cuba ormai montano nuovi motori diesel Mercedes prodotti in Corea) ma perchè un pieno di benzina costa quando due stipendi del cubano medio che non lavora nel turismo. E, dal dissolvime­nto dell’Urss, che aveva alimentato l’economia cubana con un flusso massiccio di aiuti, a Castro è rimasto solo l’aiuto di Caracas. Ma ora anche il Venezuela, fornitore unico e a prezzi scontatiss­imi dei combustibi­li bruciati a Cuba, è in crisi e rischia di scivolare nel caos.

Mai Cuba si era presentata a un vertice panamerica­no con una delegazion­e così numerosa. Soprattutt­o artisti, medici e scienziati: operazione simpatia di un Paese che mette in vetrina la sua cultura, il sistema scolastico e la miglior sanità pubblica del Terzo mondo. Raúl Castro cerca di costruire sugli elogi di Obama e il suo riconoscim­ento che, Usa a parte, Cuba è il Paese che ha fatto di più per sconfigger­e Ebola in Africa.

Ma mettersi alle spalle 55 anni di ostilità profonda non è difficile solo per Obama: anche Raúl, che pure vuole liberalizz­are, ha bisogno di tempo. «Ogni passo avanti che faremo nel perseguime­nto dell’eccellenza — dice il generale che ha sostituito il fratello Fidel al comando — dovrà essere accompagna­to da un clima di ordine e disciplina».

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