«Il laser sulle scarpe di Mastroianni
Sutor Mantellassi mette in mostra i «cimeli» dei clienti storici: Fallaci, Pound e D’Annunzio «La sfida è rivisitare i modelli classici con la tecnologia. Scarpe inglesi? Meglio noi artigiani»
Gabriele D’Annunzio (1863 - 1938) amava portare scarpini di velluto rosso (n°41), da dandy anni Venti
Ezra Pound (1885 - 1972) negli anni 60 optò per queste scarpe bicolori (n° 46)
Oriana Fallaci (1929 - 2006) aveva un piede minuto: n° 35
Marcello Mastroianni (1924 - 1996): portava le sue Sutor Mantellassi nere, un modello di grande semplicità e eleganza come era lui: il modello è stato ribattezzato in suo onore «Marcello» e riproposto anche oggi. L’attore portava il 44
Ecco il giovane Ezra Pound: il ciuffone ribelle, lo sguardo da vate, il baffino da dandy come le scarpe bicolori in una teca sotto la sua foto. C’è Oriana Fallaci: lo sguardo severo, gli occhi chiarissimi, quasi trasparenti. Il sorriso di Mastroianni, quell’espressione un po’ malinconica che l’ha reso famoso nel mondo come incarnazione dello stile italiano. Ecco D’Annunzio, che fissa l’obbiettivo come uno di quei latin lover di provincia che sarebbero stati immortalati dai film di Pietro Germi qualche decennio dopo. C’è Strehler: semplicemente mattatore. Le luci sono basse, la camera è silenziosissima, i volti dei personaggi sono illuminati da faretti, come le loro scarpe, originali, rintracciate attraverso eredi e archivi.
Sarebbe bello sapere cos’hanno da dirsi, queste fotografie in bianco e nero, quando di notte si spengono le luci nel negozio-showroom di Sutor Mantellassi in via Montenapoleone. Origliare una loro conversazione: Strehler e Pound che parlano di Shakespeare, o di tragici greci; Fallaci che se la prende con D’Annunzio per qualche pecca etica, politica, o stilistica; Mastroianni che li osserva ispezionandosi le tasche in cerca di una sigaretta, anche se in negozio non si può fumare — una sigaretta per far dichiarare tregua a Oriana.
È un piccolo prezioso museo il primo piano del negozio Sutor Mantellassi, l’azienda fondata nel 1912 da due sublimi ciabattini fiorentini che in pochi anni calzarono i piedi di nobili mitteleuropei e attori di Hollywood (Astaire, Fonda) e dopo un secolo ha cambiato marcia, tuffandosi in una riscoperta della contemporaneità sotto la guida di un nuovo amministratore delegato, Anton Magnani, 55 anni, architetto di formazione, manager della moda per mestiere e raccoglitore di fondi alla ricerca contro i tumori per scelta di volontariato.
«È il dialogo di una tradizione nobile, quella calzaturiera Un paio di scarpe della capsule collection Sutor Mantellassi tutta nera, «all black» come la tendenza che sta tornando sulle passerelle italiana, con la declinazione della contemporaneità — racconta — il riconoscimento che un cliente oggi cerca la qualità italiana ma anche un’analisi del mondo che ci circonda, del cambiamento che hanno subito le nostre vite». Ecco allora la «one piece» classica senza cuciture ma lavorata al laser, ecco la sneaker preziosa di pelle «per rendere più moderno il nostro fascino, il fascino della storia lunga un secolo e di una artigianalità autentica». E vincente nel mondo: i clienti russi amano le monkstrap in alligatore, gli americani ammirano la patina della «Mastroianni» che portava Marcello ma ora rivisitate con cuciture «in carne», fatte sotto pelle.
E quelli che amano le scarpe inglesi, curiosando nel negozio, scoprono quelle classiche suole Goodyear, ma fatte a mano, e doppie, e dipinte di blu: «La suola blu registrata che possiamo usare solo noi: la cultura italiana è cultura del “comodo”, loro sono partiti prima di tutti con la rivoluzione industriale, e certo la suola Goodyear è una costruzione nobile anche se fatta a macchina come fanno loo, da noi è arrivata dopo ma la nostra idea artigianale, più radicata, ci aiuta a realizzarla in un modo diverso da quello degli inglesi, secondo me più bello. E quello che chiamiamo “suede inglese” in realtà è italiano, ha rasatura molto vicina che non fa peli».
Sutor Mantellassi è tornato a utilizzare «in modo minimale» una variante del logo classico anni 40 ma si butta sul rock con una capsule collection tutta nera, «all black» come il tema che rispunta anche sulle passerelle. Nero nero per pitone, lizard, struzzo.
E stampe stagionali coordinate con la nuova valigetta che ha una tasca che sorprende, fatta apposta per avere rapido accesso al proprio iPad.
C’è il made to order che permette di scegliere forme, colore, fodere, stringhe. Con tre diversi finissaggi di metalleria.