Addio co.co.co, spunta il caro-contributi
Nel Jobs act una clausola di salvaguardia prevede l’aumento dei versamenti Inps in caso di deficit
Un aumento dei contributi Inps a carico delle aziende e dei lavoratori autonomi. È questa la clausola di salvaguardia, cioè la rete di sicurezza per garantire in ogni caso l’equilibrio dei conti pubblici, che ha finalmente sbloccato il decreto attuativo del Jobs act. Il provvedimento è arrivato ieri alle Camere per il parere, a quasi due mesi dall’approvazione in consiglio dei ministri. Da allora era iniziato un braccio di ferro con la Ragioneria generale dello Stato sulle coperture finanziarie. Qual era il problema? L’obiettivo del governo è spingere i rapporti di lavoro precari verso il nuovo contratto a tutele crescenti, che è a tempo indeterminato anche se non ha più lo scudo dell’articolo 18 contro i licenziamenti. Ma centrare l’obiettivo potrebbe creare un rischio per la tenuta dei conti. I contratti precari portano nelle casse pubbliche parecchi soldi, visto che i contributi possono coprire fino al 30% della paga. Il nuovo contratto a tutele crescenti, invece, non porterà quasi nulla. Perché a renderlo attraente, oltre al superamento dell’articolo 18, è proprio il fatto che i contributi non si pagano, con uno sconto che può arrivare fino a 8.060 euro l’anno per tre anni. Da qui la richiesta di altre risorse avanzata dalla Ragioneria. Come è finita? Di soldi nuovi ne sono stati aggiunti pochi, neanche 200 milioni Al vertice Il ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti. Ex presidente della LegaCoop fino al 2019, presi in larga parte dai fondi del ministero del Lavoro. Ma poi c’è la solita clausola di salvaguardia, che scatterà solo se i soldi non dovessero bastare. E cioè «nel caso in cui si verifichino, o siano in procinto di verificarsi, effetti finanziari negativi e in particolare scostamenti rispetto alla valutazione delle minori entrate», proprio sui contributi.
In quel caso il ministero dell’Economia provvederà «all’introduzione di un contributo aggiuntivo di solidarietà a favore delle gestioni previdenziali a carico dei datori di lavoro del settore privato e dei lavoratori autonomi». Sia chiaro, la clausola di salvaguardia è solo un piano B, che scatterebbe in caso d’emergenza. E può anche essere disinnescata in corso d’opera, come spesso accade, trovando copertura alternative. Ma se alla fine la clausola dovesse scattare saremmo davanti a un aumento di contributi che finanzia un taglio dei contributi. Nel decreto c’è poi un’altra novità. Si chiarisce che le collaborazioni coordinate e continuative (co.co.co) possono essere utilizzate nel settore pubblico, in attesa che arrivi in porto la riforma della pubblica amministrazione all’esame del Senato. Dal 2017, però, saranno vietate quelle «continuative, di contenuto ripetitivo e con modalità organizzate dal committente». Insomma quelle fittizie, che cioè nascondono un rapporto di lavoro dipendente.