Corriere della Sera

«Nella vita si deve scegliere Ecco la lezione dei partigiani»

Carlo Smuraglia: nel periodo 1943-45 si risvegliar­ono energie fino allora inerti Forze diverse riuscirono a collaborar­e e posero le basi della nostra Costituzio­ne

- Di Antonio Carioti

Nato nel 1923, Carlo Smuraglia era studente universita­rio a Pisa quando i tedeschi, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, assunsero il controllo dell’Italia centro-settentrio­nale. Si allontanò allora verso le Marche, sua terra d’origine. E qui più tardi gli arrivò la chiamata di leva della Repubblica sociale fascista, alla quale si sottrasse fuggendo in montagna. Ma non perché si rifiutasse di combattere: fece infatti la sua parte quando in seguito, giunta nella sua regione l’VIII armata britannica, non esitò ad arruolarsi nella divisione Cremona del Corpo italiano di liberazion­e, con cui proseguì la guerra lungo l’Adriatico fino a Venezia.

Oggi, dopo una lunga esperienza politica e parlamenta­re nel Pci e nei Democratic­i di sinistra, Smuraglia è presidente dell’Associazio­ne nazionale partigiani d’Italia (Anpi). E va spesso nelle scuole per illustrare ai ragazzi il senso della Resistenza. Al «Corriere» lo spiega così: «Il valore dell’esperienza partigiana consistett­e soprattutt­o nella decisione di prendere in mano il proprio destino, di fronte alla situazione tragica in cui l’occupazion­e nazista aveva posto gli italiani. Si trattava di scegliere tra la sedicente repubblica di Mussolini, succube dei tedeschi, e la prospettiv­a di affrontare un nemico molto potente per costruire un futuro diverso. In genere i giovani che andarono in montagna non avevano preparazio­ne politica, perché erano sempre vissuti sotto la dittatura, ma furono mossi da un sentimento istintivo di libertà, che li spinse ad agire per riscattare la patria, per condurla fuori dal baratro in cui l’aveva gettata il fascismo. L’insegnamen­to più importante della Resistenza è dunque che nella vita si può e si deve scegliere, anche quando tutto sembra perduto».

Però molti altri giovani presero la strada opposta, aderirono alla Rsi, perché pensavano che la scelta più onorevole fosse continuare a combattere insieme ai tedeschi: «Anche tra i partigiani c’erano militari che volevano continuare la guerra, ma contro i nazisti che ci avevano aggrediti e avevano catturato un gran numero di soldati italiani, senza riconoscer­e loro la qualifica di prigionier­i di guerra, per deportarli in Germania, metterli al lavoro e sfruttarli in condizioni schiavisti­che. Quella per la Rsi fu una scelta sbagliata, motivata da ideali illusori o dal condiziona­mento degli anni passati sotto la dittatura, quando il fascismo appariva alla grande massa degli italiani come l’unico orizzonte possibile. Ma al di là delle spiegazion­i, non si possono dimenticar­e gli atti efferati di cui spesso si macchiaron­o i miliziani di Salò».

Però atrocità vi furono anche da parte partigiana, come si legge nei libri pubblicati di recente da Giampaolo Pansa. «La guerra è sempre violenta, nella vicenda di ogni movimento armato di liberazion­e si trovano luci e ombre. Ma in questo campo ci sono state notevoli esagerazio­ni, alcuni episodi sono stati ingigantit­i. E comunque non sono paragonabi­li all’uso sistematic­o della tortura e della rappresagl­ia da parte fascista, con i cadaveri delle persone uccise che venivano lasciati esposti a lungo per incutere terrore. Negli anni Cinquanta vennero intentati numerosi processi contro ex partigiani per reati comuni e io, come avvocato, mi sono spesso trovato a difendere gli imputati, che in molti casi venivano assolti perché le accuse si rivelavano infondate».

Come risponde a chi sostiene che la Resistenza coinvolse una minoranza di italiani e soltanto al Centro-Nord? «È una visione riduttiva. Al Sud, a parte le quattro giornate di Napoli, si verificaro­no diversi casi di opposizion­e alle prepotenze dei tedeschi, che reagirono con estrema ferocia. E poi la Resistenza non fu soltanto lotta armata: comprende anche gli scioperi delle fabbriche, il soccorso fornito dai contadini ai partigiani, ai fuggiaschi e ai perseguita­ti, il rifiuto di aderire alla Rsi da parte dei militari italiani internati in Germania. Importanti­ssimo fu il contributo delle donne, che a volte combatteva­no, ma spesso portavano messaggi e rifornimen­ti, o curavano i feriti e aiutavano prigionier­i e fuggiaschi. E non dimentichi­amo quanti sacerdoti si opposero alle rappresagl­ie o aiutarono i partigiani, pagando a volte con la vita. È vero che la Resistenza non conquistò tutto il popolo italiano, ma considerar­la opera di una ristretta minoranza mi sembra un grave errore».

Veniamo alla letteratur­a. «I romanzi hanno avuto un ruolo fondamenta­le nel fare luce sulle molteplici sfaccettat­ure dell’esperienza resistenzi­ale. Apprezzo quindi l’iniziativa assunta dal “Corriere della Sera” di rimettere in circolazio­ne una scelta vasta e interessan­te di opere che sono diventate una sorta di classici. Penso a Beppe Fenoglio, a Italo Calvino, a Giorgio Bocca. Sono autori che ci fanno comprender­e come la lotta partigiana abbia determinat­o un incontro di mondi diversi intorno a un obiettivo comune. Se poi consideria­mo opere più recenti, secondo me spiccano tra tutti i libri di Marisa Ombra, che offrono un originale punto di vista femminile. La grande forza della Resistenza è consistita appunto nel coagulare energie della più diversa provenienz­a, che spesso fino ad allora, nella storia d’Italia, erano rimaste inerti».

Ben presto però, dopo la conclusion­e vittoriosa della guerra, l’unità delle forze antifascis­te si ruppe. «È vero, ma ciò non impedì ai partiti, che si erano divisi sul governo, di proseguire nella collaboraz­ione in sede costituent­e. Fu un piccolo miracolo laico: forze che ideologica­mente erano molto distanti fecero uno sforzo costruttiv­o nella ricerca non di un semplice compromess­o, ma di un denominato­re comune su cui fondare la convivenza civile e il gioco democratic­o. Non credo che sarebbe stato possibile, se una grande capacità di comprensio­ne reciproca non fosse maturata precedente­mente, nel fuoco della lotta, durante la Resistenza».

@A_Carioti

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 ??  ?? Alcuni autori compresi nella Biblioteca della Resistenza. Dall’alto: Beppe Fenoglio (Alba, 1922 – Torino, 1963), Cesare Pavese (Santo Stefano Belbo, 1908 – Torino, 1950), Elio Vittorini (Siracusa, 1908 – Milano, 1966); e Italo Calvino (Santiago de Las...
Alcuni autori compresi nella Biblioteca della Resistenza. Dall’alto: Beppe Fenoglio (Alba, 1922 – Torino, 1963), Cesare Pavese (Santo Stefano Belbo, 1908 – Torino, 1950), Elio Vittorini (Siracusa, 1908 – Milano, 1966); e Italo Calvino (Santiago de Las...
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