Tarzan e Arab, i fratelli registi senza essere mai stati al cinema
La loro prima volta al cinema è stata a 21 anni. «Non eravamo mai entrati in una sala, ma avevamo già girato tanti film… » raccontano Tarzan e Arab, registi gemelli di Gaza. Due ragazzoni di 27 anni molto barbuti e capelluti. Tarzan e Arab, nomi d’arte di Mohamed e Ahmed Abu Nasser. Nomi da fumetto per registi di film di carta.
«A Gaza il cinema si fa così. Non sai mai quel che sta per accadere, da un momento all’altro ti bombardano, la gente intorno a te muore». Come pensare al cinema? «Eppure un tempo a Gaza c’erano otto sale. Tutte distrutte nel 1987. Noi, nati nell’1988, al cinema non ci siamo andati mai » . Eppure l’hanno imparato ad amarlo subito. «Guardavamo quello che passava in tv… Ma l’idea della sala ci ossessionava. Siamo finiti a esplorare quei cinema sventrati e abbiamo trovato un tesoro, un mucchio di manifesti bruciacchiati. Evocativi di mondi e storie meravigliose. Film di Kurosawa, Fellini, Bergman, De Sica… La nostra cultura cinematografica è nata lì».
Girare un film però era tutt’altra storia. « Ci è venuta un’idea. Se i poster dei grandi autori erano stati la nostra scuola, potevamo farne di nostri». Un sigaro tra i denti, un cappellaccio in testa ed ecco Tarzan e Arab versione «buoni, brutti e cattivi» su manifesti di film immaginari. «I titoli, Summer Rain, Autumn Clouds, Defensive Shield erano quelli delle operazioni militari di Israele contro la Palestina. Ma in una nostra versione fantasy».
Appesi nel loro studio di Gaza, li vediamo nel documentario realizzato da Paul Fisher in programma al Middle East Now, festival sul Medioriente, a Firenze fino a lunedì. Dove arriveranno anche i gemelli palestinesi con due corti, Apartment e Premeditation. Piccoli film che li hanno fatti scoprire nel panorama internazionale. E invitare persino nella terra promessa del cinema, l’America. Non a Hollywood ma a Austin, nel Texas. Dove Tarzan e Arab hanno sperimentato il brivido di entrare in una vera sala. «Ogni immaginazione è stata superata dalla realtà. Non solo era la nostra prima volta in un cinema ma il poster appeso fuori era quello di Colourful Journey, il nostro primo corto
E poi è arrivato Cannes. Due anni fa invitati con un corto, Condom Lead, metaforico preservativo di piombo per proteggere l’amore dalla guerra. E ora gira voce che il loro primo lungometraggio, Dégradé, girato in un negozio di parrucchiere di Gaza dove dodici donne restano intrappolate mentre fuori piovono bombe, potrebbe andare a Cannes in una delle sezioni principali. «L’amore e l’arte sono forme di resistenza. A Gaza metà della popolazione è sotto i 25 anni. C’è gran voglia di vivere, di creare».
Fare cinema è un atto politico? «Il nostro primo obiettivo è raccontare storie semplici sul nostro popolo, che vuole vivere una vita normale. L’arte è l’arma più potente per riuscirci».