Senza preclusioni nelle arti e imprenditori di se stessi
«Vitale Internet ma anche iscriversi a molti concorsi»
L’arte come professione era un’idea normale nel Rinascimento, ma il Romanticismo la aborriva. Malgrado il contributo italiano al primo, l’atteggiamento diffuso nel Paese parrebbe quello del secondo: anni di tagli alla cultura non hanno indignato quei connazionali che condividono lo scetticismo di Alberto Sordi e della Sora Lella alla Biennale di Venezia. Ma di fatto, gli artisti coperti d’oro a ogni opera audace e controversa sono una manciata.
Per gli altri è lecito chiedersi se e come un giovane di oggi può fare dell’arte un mestiere, per di più in tempi di crisi. Qualche risposta può arrivare dalla factory che sta per essere inaugurata in zona Lambrate. Tra chi espone a Mostrami @Folli50.0 c’è Letizia Scarpello, 26 anni, di Pescara, laureanda all’Accademia di Brera. Dopo aver lavorato nel fashion design si è accostata all’arte concettuale. «I miei genitori erano preoccupati — sorride —: la moda dà più garanzie. Poi vedendomi vincere dei concorsi hanno capito che potevo farcela. Questo è un consiglio che do a tutti: partecipare ai tanti concorsi per artisti emergenti. E cercare di avere quel qualcosa in più, codici espressivi nuovi per farsi notare da gallerie o clienti».
È interessante, in lei e nei suoi coetanei, la coesistenza tra pragmatismo e visione artistica. «A 20 anni, nel 2015, non puoi limitarti a dire: voglio dipingere. Creatività e comunicazione possono, devono essere dirette verso più ambiti: io lavoro molto col tessuto, e sono qui con un’installazione; nel contempo, ho realizzato costumi per il Piccolo Teatro».
Ma le installazioni si vendono? «In genere, più a istituzioni e associazioni che ai privati. Ma contribuiscono alla visibilità, che è cruciale. Certo mi è stato più facile vendere tele. Ed è soddisfadevi cente. Alla fine è quanto desideriamo: che il nostro lavoro sia apprezzato».
Francesco Messina, 36 anni, ha constatato che il percorso dell’artista contemporaneo richiede una capacità di relazionarsi col pubblico che un tempo non pareva strettamente necessaria. «Ho fatto l’Accademia di Belle Arti a Catania, per dieci anni mi sono occupato di restauro. Ma se vuoi fare l’artista, oggi, devi farlo a Milano: ci sono più opportunità e confronto. E questo lavoro si basa sulle pubbliche relazioni. Con i risparmi mi sono iscritto a un workshop e ho fatto il pendolare tra la Sicilia e Milano, 80 euro a tratta, ogni weekend, per sei mesi. Qui esporrò opere di arte digitale, in particolare ritratti, ispirati al decostruzionismo di Jacques Derrida, a capire cosa c’è dietro le cose».
Messina lo dice chiaramente: «Un artista oggi è imprenditore di se stesso. Fai un prodotto, lo vendere. Esporre ovunque. Conoscere i galleristi: possono essere spietati, ma i loro giudizi crudi fanno crescere. La tv non serve, internet sì. Ma più di tutto serve essere riconosciuti nell’ambiente. Però anche dal pubblico, specie dove sono esposte le proprie opere: la presenza fisica permette alle persone di sapere chi sei, capire cosa cercavi. Questo aspetto mi ha portato a trasformare il mio look: ho fatto crescere la barba, a volte porto con me il mio bassotto. Ho un aspetto più hipster. Sembrerà banale, ma funziona».
Sandro Aglialoro, dell’associazione no-profit MostraMi, coordinatore artistico del progetto Mostrami Factory @Folli50.0 spiega: «Oggi qualunque professione richiede di sapersi promuovere, relazionarsi. Così anche l’artista deve guardarsi attorno, capire le potenzialità di ambiti diversi». Ma allora l’artista trasognato, distaccato dal mondo reale dovrà soccombere? «Il talento quando c’è viene sempre fuori. Però nel tempo presente, è facile che chi ha un certo bagaglio di praticità lo superi, anche se momentaneamente. È sempre la Storia, nel caso, a riequilibrare le cose».
Flessibilità Letizia, 26 anni: «Faccio installazioni ma realizzo anche costumi teatrali» Francesco, 36: «Relazionarmi con il pubblico mi ha fatto cambiare look»