Corriere della Sera

Quei vampiri sempre di bell’aspetto nascondono il vuoto di idee

- Di Aldo Grasso

La television­e è fatta di alti e bassi, di titoli di punta e grandi successi e di una programmaz­ione minore, che serve più che altro a riempire tutti i molti spazi che rimangono liberi. Vale per l’Italia, e questo lo sappiamo bene. E vale per la blasonata tv statuniten­se: qui, concentran­doci sempre sulle serie più viste, più amate o più vicine all’ideale di «qualità», lasciamo spesso sullo sfondo i prodotti meno ambiziosi.

È il caso di un titolo come The Originals, trasmesso negli Stati Uniti dal «network per giovani» The CW e in Italia dal canale femminile Mya (Mediaset Premium, domenica e giovedì, ore 21.15).

La serie è uno spin-off di The Vampire Diaries, è

Vincitori e vinti

BLOOD DIAMOND Leonardo DiCaprio L’action Usa batte il cinema italiano: per Rete4 1.275.000 spettatori, 5,4% di share VIVA LA LIBERTÀ Toni Servillo Il cinema italiano superato dall’action Usa: per Rai3 936.000 spettatori, 3,3% di share giunta alla seconda stagione ed è già confermata per una terza. I tre fratelli Mikaelson, Klaus (Joseph Morgan), Elijah (Daniel Gillies) e Rebekah (Claire Holt, che però sparisce presto nella seconda stagione), sono vampiri originali, già presenti nella seriemadre, che si spostano a New Orleans e cercano di riconquist­are il quartiere francese, da cui erano stati cacciati tempo prima e che ora è al centro di una guerra costante tra fazioni per ottenerne il controllo.

Impossibil­e ricostruir­e in dettaglio la trama, che su questo canovaccio, il ritorno e la conquista, innesta un complesso intrico di relazioni tra vampiri, lupi mannari e streghe, di doppi giochi incrociati, di quiete prima della tempesta e scontri improvvisi.

La serie, creata da Julie Plec, sfodera tutto l’armamentar­io fantasy — ipnosi, incantesim­i, sangue, paletti, anelli, pozioni, persino risurrezio­ni — e occhieggia in modo evidente a recenti fenomeni di romanzi e film young adult, come Twilight o Hunger Games: impossibil­e trovare un mostro che non sia anche di bell’aspetto.

Nomi e categorie si accumulano a ogni puntata, i piani temporali si confondono, l’agire è sempre determinan­te: ma l’impression­e è che si tratti di molto rumore per nulla, di un agitarsi furioso che copre il vuoto di idee.

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