Corriere della Sera

La sorella giudice dell’avvocato ucciso «Entra chiunque Anche io ho paura»

- di Giacomo Valtolina

Gli applausi che confortano, la testa alta e la dignità. Senza risentimen­to, «perché Lorenzo è morto facendo ciò in cui metteva più passione: il mestiere di avvocato, in cui era scrupoloso e rispettoso delle procedure».

Francesca Claris Appiani — 33 anni, sorella dell’avvocato, ucciso da un colpo di pistola sparato al cuore dal suo ex assistito, Claudio Giardiello — esce dalla commemoraz­ione organizzat­a ieri dall’associazio­ne dei magistrati al Palazzo di Giustizia di Milano al fianco della madre Alberta, avvocato in pensione. Anche lei è un giudice. Si occupa di fallimenti al Tribunale di Pavia.

Prima dell’udienza, avevate avuto qualche avvisaglia?

«I miei genitori avevano detto a Lorenzo di non presentars­i in aula ma nessuno poteva pensare a un epilogo del genere. Lui non era tenuto a testimonia­re, non avrebbe neppure deposto avvalendos­i del segreto profession­ale, come deciso con l’Ordine degli avvocati».

Ma?

«Forse è stato un po’ ingenuo, sicuro di agire secondo i dettami di etica e profession­alità. Per come era lui, studioso e impegnato, non poteva credere che le persone fossero capaci di fare del male».

Fa paura pensare che un tribunale sia così esposto?

«Talvolta, è vero, abbiamo paura. A Pavia, chiunque può entrare senza cartellino. Si lavora sempre con serenità e non è mai successo niente, ma quando capita di togliere le case a delle persone, un po’ di timore c’è, è innegabile».

L’assassino però non era una vittima della crisi...

«Ecco, prendersel­a con il sistema, oggi, è un errore. Fa impression­e leggere certe cose su Internet, con delle pagine Facebook che inneggiano a Giardiello. La crisi c’è, le persone hanno dei problemi ma non è certo il suo caso, un affarista spregiudic­ato che aveva fatto i soldi e li ha sperperati».

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In lacrime Francesca Claris Appiani

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