La sorella giudice dell’avvocato ucciso «Entra chiunque Anche io ho paura»
Gli applausi che confortano, la testa alta e la dignità. Senza risentimento, «perché Lorenzo è morto facendo ciò in cui metteva più passione: il mestiere di avvocato, in cui era scrupoloso e rispettoso delle procedure».
Francesca Claris Appiani — 33 anni, sorella dell’avvocato, ucciso da un colpo di pistola sparato al cuore dal suo ex assistito, Claudio Giardiello — esce dalla commemorazione organizzata ieri dall’associazione dei magistrati al Palazzo di Giustizia di Milano al fianco della madre Alberta, avvocato in pensione. Anche lei è un giudice. Si occupa di fallimenti al Tribunale di Pavia.
Prima dell’udienza, avevate avuto qualche avvisaglia?
«I miei genitori avevano detto a Lorenzo di non presentarsi in aula ma nessuno poteva pensare a un epilogo del genere. Lui non era tenuto a testimoniare, non avrebbe neppure deposto avvalendosi del segreto professionale, come deciso con l’Ordine degli avvocati».
Ma?
«Forse è stato un po’ ingenuo, sicuro di agire secondo i dettami di etica e professionalità. Per come era lui, studioso e impegnato, non poteva credere che le persone fossero capaci di fare del male».
Fa paura pensare che un tribunale sia così esposto?
«Talvolta, è vero, abbiamo paura. A Pavia, chiunque può entrare senza cartellino. Si lavora sempre con serenità e non è mai successo niente, ma quando capita di togliere le case a delle persone, un po’ di timore c’è, è innegabile».
L’assassino però non era una vittima della crisi...
«Ecco, prendersela con il sistema, oggi, è un errore. Fa impressione leggere certe cose su Internet, con delle pagine Facebook che inneggiano a Giardiello. La crisi c’è, le persone hanno dei problemi ma non è certo il suo caso, un affarista spregiudicato che aveva fatto i soldi e li ha sperperati».