Corriere della Sera

La storia

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L’11 dicembre ‘46, l’Assemblea generale dell’Onu riconosce per la prima volta il crimine di genocidio

Il 9 dicembre ‘48 è adottata la Convenzion­e per la prevenzion­e e repression­e del delitto di genocidio, definito come: «atti commessi con intenzione di distrugger­e, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso»

Soluzione di compromess­o che ha escluso di fatto i crimini di alcuni regimi comunisti — dall’Unione Sovietica alla Cina o alla Cambogia dei khmer rossi (condannati solo per la strage della minoranza musulmana cham e vietnamita)

Il Guatemala è stato il primo Paese dove un ex capo di Stato è stato condannato per genocidio da una giurisdizi­one nazionale. Il verdetto è stato però annullato per vizio di procedura e nel 2015 si è aperto un nuovo processo

Il giudice spagnolo Baltasar Garzon ha presentato in Argentina una denuncia di genocidio contro il Paraguay per i massacri degli anni 60 appellando­si al principio di «competenza universale per crimini internazio­nali»

Nel 1935 Bertolt Brecht, intervenen­do al Congresso internazio­nale degli scrittori a Parigi, lanciò il suo j’accuse: «Quando i delitti si moltiplica­no, diventano invisibili. Quando le sofferenze diventano insopporta­bili non si odono più grida. Si uccide un uomo: e chi guarda perde le forze. È naturale sia così. Quando i crimini vengono come pioggia, nessuno più grida: basta». Pochi anni dopo l’ebreo Raphael Lemkin scappò dalla Polonia invasa dai nazisti. Da ragazzo aveva provato orrore ascoltando i racconti sul massacro degli armeni, ora era lui in fuga. Quando i lager vennero «liberati», fece la conta dei suoi morti, 49 familiari uccisi nell’Olocausto. Raphael, fuggito in Svezia, si laureò in legge e nel 1944 coniò un neologismo destinato a entrare nella storia della giustizia mondiale: genocidio, dal greco ghénos — razza, stirpe — e il latino caedo, uccidere.

Lo sterminio del nemico non è una prerogativ­a della modernità. Fin dagli albori dell’umanità era pratica comune per i vincitori di una guerra uccidere gli uomini delle popolazion­i conquistat­e

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