Corriere della Sera

Libia, Renzi chiede agli Usa di usare i droni

Ieri l’incontro con gli studenti, oggi alla Casa Bianca. Obama vuole garanzie nei riguardi della Russia

- Di Massimo Gaggi e Marco Galluzzo

WASHINGTON Fiducia, consacrazi­one e Libia sono le tre parolechia­ve della prima visita di Matteo Renzi a Washington da capo del governo italiano. Il premier arriva nella capitale americana dopo molte altre missioni all’estero, ma aveva già creato un rapporto solido con Barack Obama in occasione della visita del presidente americano a Roma un anno fa e dei quattro vertici internazio­nali (G-7, G-20, Nato e il summit nucleare dell’Aia) nei quali i due leader si sono incontrati.

Sul piano del protocollo, l’accoglienz­a americana a Renzi è quella riservata a personalit­à di grande riguardo: conferenza stampa congiunta nel Giardino delle rose (pioggia permettend­o) e alloggio alla Blair House. L’ultima volta questa prestigios­a residenza era stata offerta da George Bush al suo amico Silvio Berlusconi. I segnali visibili sono, insomma, quelli di un benvenuto caloroso, ma la missione, che dovrebbe avere per il leader italiano il sapore di una consacrazi­one definitiva sulla scena internazio­nale, ha anche aspetti delicati. Tre le insidie di cui tener conto. Il problema principale resta il rapporto con la Russia.

Non è un mistero che sull’atteggiame­nto da tenere con Putin ci siano state incomprens­ioni e perplessit­à che in occasione della visita di Renzi al Cremlino, a marzo, si erano materializ­zate anche in una breve nota di «puntualizz­azioni» inviata dalla Casa Bianca al Corriere. Non un vero incidente: Roma ha spiegato che sta cercando di tenere aperto un canale di dialogo, mentre sulle sanzioni contro Mosca non ci sono stati cedimenti, nonostante

6 Gli incontri tra Renzi e Obama: quello di oggi, la visita del leader Usa a Roma un anno fa e 4 vertici internazio­nali

l’Italia sia il Paese che paga il prezzo economico più alto, dopo la Germania, per le tensioni con la Russia. Gli americano hanno capito, ma la diversità di atteggiame­nto rimane: mentre, ad esempio, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ieri ipotizzava sul Corriere una riduzione delle sanzioni se si continuerà a registrare un rispetto sostanzial­e degli accordi di Minsk, da parte americana si tende a considerar­e quello di Putin un cambio di atteggiame­nto strategico — dalla collaboraz­ione alla contrappos­izione con l’Occidente — che richiede un ripensamen­to profondo dei rapporti con Mosca.

Sull’altro grande tema della visita, la Libia, sicurament­e quello principale per gli interessi del nostro Paese, Renzi troverà un presidente americano favorevole ad affidare all’Italia un ruolo di punta per la stabilizza­zione del Mediterran­eo e di guida di un’eventuale coalizione occidental­e. Ma, come nota un alto diplomatic­o dell’Onu, Washington continua a mostrarsi poco disponibil­e a un coinvolgim­ento operativo, se non come supporto logistico, davanti a un Paese sprofondat­o in una frammentaz­ione tribale indecifrab­ile.

Renzi è consapevol­e di queste difficoltà, sa che l’Italia dovrà assumersi responsabi­lità importanti, ma oggi tenterà di ottenere la disponibil­ità Usa a impiegare i suoi droni armati in Libia qualora si dovessero rendere necessarie azioni mirate antiterror­ismo, magari indirizzat­e contro minacce individuat­e dall’intelligen­ce italiano. Del resto anche Obama ha qualcosa da chiedere a Renzi: l’impegno a non tagliare l’acquisto dei supercacci­a F35 (prodotto Lockheed realizzato con la collaboraz­ione dell’Alenia-Finmeccani­ca e assemblato in Italia) e un rinvio almeno a metà 2016 del ritiro del contingent­e italiano in Afghanista­n (base di Herat). La risposta di Renzi dovrebbe essere positiva. La terza insidia per il premier è di tipo caratteria­le: col suo atteggiame­nto aperto, Renzi ha sicurament­e creato un rapporto di simpatia con Obama che tuttavia, da personaggi­o cerebrale quale è, forse preferiva dialogare con un leader più simile a lui come Enrico Letta. Cerebrale ma pragmatico e interessat­o soprattutt­o a sostenere lo sviluppo economico, Obama è comunque riconoscen­te a Renzi non solo per le riforme fatte in Italia che dovrebbero stabilizza­re il Paese sottraendo­lo a una pericolosa deriva greca, ma anche per il modo in cui ha gestito il semestre italiano di presidenza della Ue: è piaciuto il contenimen­to degli eccessi di austerity della Germania fatto dal governo Renzi con insistenza ma anche smussando gli angoli.

Oltre all’incontro alla Casa Bianca, è stata molto importante anche la cena offerta ieri sera nella sua residenza, Villa Firenze, dall’ambasciato­re italiano Claudio Bisogniero: un’occasione per Renzi per incontrare politici e imprendito­ri americani e, soprattutt­o, i più stretti collaborat­ori di Hillary Clinton, a cominciare dal presidente della sua campagna, John Podesta. I Clinton fin qui hanno avuto rapporti soprattutt­o con D’Alema e altri esponenti democratic­i di quella stagione. Questo è il primo incontro dopo che il Pd ha voltato pagina.

Sempre ieri l’incontro con gli studenti alla Georgetown University ai quali Renzi ha ribadito che «sulle riforme non si torna indietro».

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