La dem pistoiese: intimidita per non correre, ora parli Matteo
La cosa che più fa rabbrividire è quella telefonata tra compagni di partito. O meglio tra Simona Laing, renziana doc della prima ora, ex consigliera comunale di Pistoia e autocandidata alle Regionali, e Roberto Bartoli, membro dell’assemblea nazionale del Pd e della direzione provinciale. Simona sta raccogliendo firme per le elezioni regionali e Roberto la chiama al telefono e le dice secco che il partito sta operando per la sua esclusione. Il motivo? Tutto è già stato concordato, pare un anno e mezzo prima, perché ci sono quote da rispettare tra le correnti, un listino già deciso e dunque non ci sono altri spazi: e non c’è spazio quindi per una cittadina che raccoglie in autonomia consensi per partecipare alle elezioni. Lei, Simona, ascolta sbigottita, ma allo stesso tempo registra pure la telefonata, che si conclude con una frase minacciosa. «Guarda Laing che se cominci a spalare merda — dice Bartoli — non sai quanta merda ti arriva addosso». Lei cerca di difendersi come può: «Guarda che ti denuncio… non puoi impedirmi di correre». La notizia è una bella grana per il Pd pistoiese e toscano. Anche perché Simona Laing, manager pubblica, non è un’iscritta qualunque e nel 2010 ottenne il 48% dei consensi alle elezioni per la segreteria provinciale. «Questa vicenda mi ha profondamente turbato — dice adesso Simona — e non solo per gli accordi di potere e per quella telefonata, ma per il silenzio del partito. Vorrei che si esprimesse il segretario nazionale, Matteo Renzi, che oltretutto si candidò a sindaco di Firenze contro la direzione del partito». Roberto Bartoli, docente universitario di diritto penale, è convinto di essere dalla parte giusta. «È stata diffusa una conversazione politica, registrata a mia insaputa, che non contiene alcuna minaccia o ingiuria — spiega —. Chi ha montato tutto questo, se ritiene che ci siano gli estremi, vada in Procura della Repubblica. Io dormo sonni tranquillissimi. Sul piano politico rispondo con i numeri: oltre il 90% dei voti della direzione provinciale sono andati ai candidati proposti dal partito e non a Simona Laing». Chi è Simona Laing, 43 anni
I tempi
Lunedì scade il termine per presentare gli emendamenti all’Italicum: i lavori in commissione dovrebbero terminare il 24
Il 27 aprile è previsto l’arrivo in Aula, alla Camera, della legge elettorale
Rosy Bindi, 64 anni, toscana, è stata presidente del Pd dal 2009 al 2013
Deputata, ha ricoperto in passato la carica di ministro della Famiglia e della Sanità. Ora presiede la commissione Antimafia
«Non lo so. Ma l’assemblea è stato uno spartiacque importante. Le dimissioni del capogruppo non possono essere derubricate a ordinaria amministrazione, “grazie per il lavoro svolto e diamo la parola al primo iscritto”». Speranza deve ripensarci? «Sono dimissioni vere, non di facciata. Un atto serio, grave e con una sua portata etica, perché significa prima le idee e poi i posti. Che altro deve succedere perché una comunità politica si fermi a riflettere?».
Non avete votato in 120, ma ha vinto ancora Renzi.
«Se misuriamo i rapporti di forza numerici vince lui, non ho dubbi. Ma esiste anche un aspetto morale e se si continua Renzi non ha i numeri? «Io rifletterei. La legge elettorale non si fa con i maldipancia delle opposizioni, le dimissioni del capogruppo e un terzo di deputati del Pd contrari. Un dissenso che finalmente anche costituzionalisti ed editorialisti autorevoli hanno fatto proprio nei loro commenti».
In aula proverete ad affossare la legge?
«In aula faremo la nostra battaglia e poi c’è il voto segreto. Io ho presentato due emendamenti di sistema, premio di lista e di coalizione e apparentamento al secondo turno».
Per i renziani l’apparentamento serve a far pesare i vostri voti dopo la scissione...
«Le leggi elettorali si fanno in un tempo e in uno spazio e poiché Renzi ha detto che nessuna legge è perfetta, nell’Italia di oggi chi vuole il bipolarismo deve aiutare la ricomposizione Lavora per Berlusconi? «Lavoro contro la mutazione genetica del Pd, che passa da partito comunità a partito del leader. Se tutti fanno la corsa per entrare nel partito che prende il premio, dalla Tinagli a Migliore, è chiaro l’elemento unificante diventa solo il capo del partito». Non le piace vincere? «Non con il partito della nazione, che per prendere tutto ripropone il consociativismo e le larghe intese degli interessi al proprio interno. Sa chi fa il gioco dell’oca? Chi vuole una legge che ci fa tornare a vent’anni fa, a prima del Mattarellum».
Crede davvero che riuscirete a cambiare l’Italicum?
«In Parlamento si vota e chi la pensa diversamente dal governo si può saldare. Temo poi che la riforma del Senato avrà vita complicata. Renzi avverte che se non passa l’Italicum si va a votare, ma c’è chi dice che si
In Aula il voto segreto può saldare i contrari Io non mi comporterò da 101
«A proposito di malignità, chi ha voluto la soglia del 3%, che ha l’effetto perverso di sbriciolare le minoranze? Noi o lui? È studiata da colui che dà le carte per costruire il partito pigliatutto. Come si dice mazziere in francese, che in italiano suona brutto?». E se c’è la fiducia? «Non credo che voglia passare alla storia come colui che ha messo la terza fiducia sulla legge elettorale. Dopo la legge Acerbo e la legge truffa, la legge Renzi Boschi». Se passa uscirete dal Pd? «Io sono troppo vecchia per essere interessata a nuove avventure politiche, ma qualcuno lo farà un partito a sinistra del partito della nazione. Con il 3% è stato dato uno strumento elettorale a una possibile operazione politica, che prenderà molto di più. Camusso ha detto che non vota più Pd e la coalizione sociale di Landini ha senso, con un governo così».
Con un Pd unito le riforme si fanno, temo che quella del Senato avrà vita complicata