Corriere della Sera

Quando De Gasperi parlò di fiducia e scoppiò la guerra sulla «legge truffa»

- Di Pierluigi Battista

Il giovane sottosegre­tario Giulio Andreotti, in piedi sui banchi del governo, si mise addirittur­a un cestino sulla testa per difendersi dalla pioggia di oggetti che gli venivano scaraventa­ti da sinistra e da destra, nell’austera aula del Senato. Nella Camera dei deputati, anno 1953, era già successo di tutto. Penne, calamai, addirittur­a tagliacart­e erano volati in un clima infuocato, da guerra aperta, dove la richiesta del governo De Gasperi di mettere la fiducia sulla legge elettorale liquidata come «legge truffa» fece infuriare le opposizion­i. Palmiro Togliatti capeggiò una delegazion­e per andare al Quirinale e protestare contro lo «sfregio alla Costituzio­ne» che si stava consumando. Il democristi­ano Oscar Luigi Scalfaro divenne il bersaglio per aver proposto, e ottenuto, una procedura di discussion­e della legge che tagliasse le gambe all’ostruzioni­smo. Fuori del Parlamento infuriavan­o gli scontri di piazza e a un certo punto dai banchi del Pci partirono allarmate proteste: «La polizia ha picchiato e ferito Pietro Ingrao». Al Senato andrà ancora peggio.

Una giornalist­a di destra molto fumantina e arguta come Gianna Preda, durante la guerra al Senato per l’approvazio­ne della « legge truffa » , scrisse che i senatori, se non protetti dall’immunità parlamenta­re, avrebbero dovuto rispondere dei seguenti reati: «ingiuria, diffamazio­ne, violenza privata, minacce, percosse, lesioni, distruzion­e di pubblici documenti, istigazion­e a delinquere, vilipendio al governo, oltraggio al Parlamento, attentato contro gli organi costituzio­nali».

Per non seguire i disinvolti percorsi d’urgenza che facevano già gridare all’«attentato alla Costituzio­ne » , l’allora presidente del Senato, il liberale Giuseppe Paratore, decise di dimettersi. Il suo posto venne preso da Meuccio Ruini che assunse nel marzo l’incarico, per dire del clima che si stava vivendo in quei giorni, con queste parole: «Affronto quest’opera con la stessa fermezza con la quale andai, con i capelli già grigi, sul Carso». Il riferiment­o alla Prima guerra mondiale forse era esagerato. Ma è esagerato dire che soltanto oggi i toni dello scontro parlamenta­re siano così veementi, senza precedenti nella storia repubblica­na. Altro che precedenti. Per quel 15 per cento di seggi attribuiti alla coalizione che avesse raggiunto il 50 per cento più uno dei voti nelle elezioni, si scatenò una guerra durissima.

E quando il governo di oggi si stupisce che il ricorso alla fiducia Nel 1953 La copertina della nell’aprile del 1953, sui tumulti in Senato durante il voto per la «legge truffa». Alcuni senatori rimasero feriti per l’approvazio­ne di una legge elettorale possa provocare tante proteste, forse una rilettura di ciò che accadde nel 1953 con la cosiddetta «legge truffa» potrebbe risultare utile. Si potrebbe ricordare, a proposito di rispetto istituzion­ale, che il futuro presidente della Repubblica, il socialista Sandro Pertini, si rivolse con queste leggiadre parole al neopreside­nte del Senato Ruini: «Lei non è un presidente, lei è una carogna, è un porco». Si potrebbe ricordare che Randolfo Pacciardi, combattent­e nella guerra di Spagna, venne violenteme­nte spintonato e che Ugo La Malfa, leader del Partito repubblica­no alleato della Democrazia cristiana, fu preso a ceffoni da Emilio Lussu. Ceffoni veri, non metaforici. Si potrebbe ricordare che la discussion­e parlamenta­re, tra urla, strepiti, interruzio­ni, lanci di oggetti, prese oltre settanta ore di scontri durissimi. Che più volte venne minacciato l’Aventino. Che nel Paese si vissero momenti drammatici. Che la campagna elettorale, dopo l’approvazio­ne definitiva della nuova legge elettorale il 29 marzo del 1953, ebbe toni aspri e fortissimi tra forze politiche che solo pochi anni prima avevano firmato insieme la Costituzio­ne. Che molte personalit­à del mondo laico e accademico si schieraron­o con grande fierezza contro quella legge, da Piero Calamandre­i a Vittorio Emanuele Orlando, e che la maggioranz­a dei voti richiesta dai partiti di governo, il 50 per cento, non venne raggiunta per un pugno di schede. La legge truffa non passò, ma restarono gli strascichi velenosi di una guerra parlamenta­re violentiss­ima, anche fisicament­e. Lanciare un tagliacart­e in Parlamento. Oggi? No, 62 anni fa.

Tensione e insulti Il futuro capo dello Stato Pertini apostrofò il presidente del Senato: «Lei è una carogna»

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy