Corriere della Sera

I tormenti di Raffaella: «Sono stata male ma vincerò su tutti»

- Marco Imarisio

«Io sono una donna coraggiosa. Una che combatte». Raffaella Paita ha carattere. E nella politica ligure la sua ambizione mai nascosta è stata al tempo stesso un’arma e un marchio di infamia. Mercoledì, dopo l’avviso di garanzia, stava per cedere. «Sono stata male, di fisico e di morale». Ieri pomeriggio la sala d’attesa del suo ufficio al secondo piano della Regione sembrava l’ambulatori­o di un ospedale, tutti in attesa della visita alla paziente, un giornale per volta. Con gli assistenti in gramaglie che chiedevano di andarci piano, per cortesia fateci rileggere le vostre interviste, non si sa mai.

La botta ricevuta dalla procura è stata dura, la cartella clinica ancora incerta, per una aspirante presidente consapevol­e di non essere amata da tutti all’interno e nella base del suo partito, che le rimprovera il padrinaggi­o di Claudio Burlando, consideran­dola una sua creatura politica, e forse la militanza renziana. L’inchiesta sull’alluvione con annesso e annunciato drenaggio di voti da parte di M5S e della fronda dei fuoriuscit­i pd rendono possibile una diagnosi di non-vittoria con conseguent­e obbligo al gioco scandaloso delle alleanze. E invece: «Lo scriva: non esiste alcuna possibilit­à che io stia sotto al 36 per cento necessario a fare da sola. La sinistra riformista del Pd governerà la Liguria per la prima volta, senza l’aiuto di nessuno».

Da dove nasce tanta sicurezza?

«Dalla solidariet­à ricevuta in tempo reale dai vertici del mio partito. Mi riferisco soprattutt­o a quella dei dirigenti locali. Insieme ce la possiamo fare. Dopo tanto tempo mi sono sentita a casa, accettata da tutti». Non è mai troppo tardi? «So bene che molti all’interno del Pd non mi volevano. C’è stata una forte opposizion­e politica nei miei confronti».

Dovuta al fatto di aver scavalcato il partito?

«Questo lo dice lei. È finito il tempo dei caminetti dove si decide che entra e chi sta fuori. Mi sono buttata, senza accettare disegni decisi da altri. A decidere

Il partito Raffaella Paita con il vicesegret­ario Pd Lorenzo Guerini sono gli elettori, con le primarie. Non mi è stato regalato nulla, mai. Io i voti me li sono sempre andati a prendere, la cooptazion­e la lascio ad altri. Io non dovevo chiedere il permesso a nessuno».

Come si spiega l’avversione nei suoi confronti?

« In questa regione molti hanno paura del nuovo».

Il nuovo è diretta emanazione di un uomo che governa da vent’anni?

« Io non rinnego Claudio Burlando. Non ho nei suoi confronti il complesso di inferiorit­à tipico di coloro che sanno solo invocare la discontinu­ità».

Forse il problema è proprio la continuità...

«Avrei potuto fare appello alla discontinu­ità in qualsiasi momento e mi sarei risparmiat­a tanti mal di pancia. Invece credo che la buona politica sia portare avanti le cose buone fatte finora rinnovando­le». A Genova si sente amata? «La città esprime spesso la cultura e la tradizione di una sinistra massimalis­ta e radicale. Ma non dimentichi che qui Renzi ha stravinto le primarie».

Renzi e Paita contro i nostalgici della ditta?

«È una lettura che ci può stare. Ma non dimentichi che ho preso la tessera del Pci a 18 anni. Sono una donna di partito».

Al punto da incassare la prima scissione a sinistra del nuovo corso?

«Pastorino, il candidato civatiano uscito dal Pd, sa di non avere possibilit­à di vincere. Chi lo vota aiuta la destra». Ne ha così bisogno? «Toti è stato catapultat­o in un territorio che non conosce. Infatti rifiuta ogni confronto».

Quanto inciderà l’inchiesta sulle elezioni?

«Sto inc0ntrand­o tanta gente convinta della mia buona fede. Compresi i miei avversari, che nei miei confronti si sono comportati da signori. Tranne Beppe Grillo, naturalmen­te».

Si sente vittima di un pregiudizi­o?

«Non certo da parte della procura. Non sono una perseguita­ta, i magistrati hanno ogni diritto ad indagare. Credo che nel 2015 non ci si dovrebbe scandalizz­are dell’ambizione di una donna e della sua aggressivi­tà nel cercare di ottenere quel che vuole».

Non teme di risultare indigesta proprio per questo?

«Il diritto all’ambizione è l’Abc della libertà. Se fossi stata un uomo, me l’avrebbe fatta lo stesso questa domanda?».

Sono una coraggiosa Non esiste alcuna possibilit­à io stia sotto al 36% necessario per fare da sola So bene che molti nel Pd non mi volevano C’è stata una forte opposizion­e politica nei miei confronti L’ambizione «Non ci si dovrebbe scandalizz­are dell’ambizione di una donna»

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