«Nessuna caccia al colpevole: un episodio del genere può succedere ovunque»
tra i coniugi erano buoni».
Chi ha in cura Enzo Costanza accenna solo a una «psicopatologia organica». «Sembrerebbe una fuga dissociativa, psicogena — aggiunge Mencacci —, sintomo dei camminatori che prendono e partono. O potrebbe richiamare una forma di tipo epilettico. In entrambi i casi la caratteristica è la comparsa di una fuga di fronte a un evento della vita traumatico o comunque stressante, come potrebbe essere quello di un padre nel post partum».
Mencacci non va oltre, ma trova «tanti elementi incongruenti» in queste prime ricostruzioni dei fatti. Come il presunto «delirio salvifico, la volontà di mettere in salvo il figlio» che poco si concilierebbe con una situazione familiare priva di contrasti significativi.
Ancora più cauto Luigi Zoja, psicanalista junghiano che ha a lungo indagato sui rapporti tra padri e figli. «Mi viene in mente cosa mi disse lo scrittore David Grossman a proposito dell’episodio biblico del sacrificio di Isacco. Osservava che il Dio della Bibbia è molto intelligente perché si rivolge al padre Abramo, se avesse chiesto a Sara, la madre, di uccidere il figlio lei lo avrebbe trattato come un pazzo. I padri sono più poveri e disorientati, soprattutto con bambini così piccoli, con i quali non si è ancora creato un legame forte».
La domanda è se in patologie di questo tipo, con segnali di malessere evidente, è possibile fare qualcosa prima che sia troppo tardi. Zoja è categorico: «Le casistiche servono per le compagnie di assicurazione. Siamo essere umani, è complicatissimo prevedere i comportamenti. Sicuramente va favorito un maggiore intervento delle istituzioni, fare figli implica tante responsabilità». In ogni caso nessuna caccia ai colpevoli. «Sarebbe potuto succedere anche nei sistemi più evoluti, come quelli del Nord Europa — conclude Zoja —. Non prendiamocela con le nostre strutture o con lo psichiatra».