L’imputato «processa» i magistrati mentre la causa è ancora in corso
Prima volta della legge sulla responsabilità delle toghe. Il caos dei procedimenti paralleli
Imputati che fanno un processo ai pm, «parallelo», d’ora in poi, al processo vero che i pm stanno istruendo a carico degli imputati: a dimostrazione dell’insidiosità delle ricadute della norma, specie dopo l’abolizione di qualunque «filtro» di ammissibilità, il primo caso in Italia di ricorso alla nuova legge sulla responsabilità civile dei magistrati debutta con una azione contro lo Stato che mette nel mirino non l’attività dei giudici, alla fine di tre gradi di giudizio di un dibattimento ormai concluso nel merito con assoluzione definitiva; ma l’attività ordinaria dei pm, nel pieno di una indagine economica sfociata in un rinvio a giudizio, e come reazione a una incidentale richiesta dei pm sul patrimonio di una grossa società.
Ad avere lo scomodo privilegio del battesimo è la Procura di Roma in una inchiesta per l’ipotesi di bancarotta sui manager italiani di una azienda (Alivision) satellite della società britannica (Terravision) che gestisce il trasporto tra grandi città europee e gli aeroporti (come a Roma quello di Ciampino). Nel pool economico del procuratore aggiunto Nello Rossi, i pm Mario Dovinola e Paola Filippi hanno ottenuto sequestri di beni confermati finora in Cassazione, e il rinvio a giudizio degli indagati in un dibattimento che inizierà il 17 giugno. Ma nel 2013 i pm avevano anche avanzato al Tribunale Fallimentare una istanza di insolvenza di una delle società del gruppo. I giudici fallimentari avevano però respinto l’istanza, ritenendo che alcuni dei debiti in contestazione non dessero indizi inequivoci dell’insolvenza se raffrontati a quanto l’azienda controdeduceva al consulente dei pm, tacciato di essere il marito di una gip romana indagata a Perugia.
Normale dialettica processuale, i pm neppure fanno reclamo. Ma ora, interpretando la bocciatura della richiesta di insolvenza come «provvedimento definitivo» che la nuova legge legittima quale presupposto per una azione civile A febbraio la Camera ha dato il «sì» definitivo al disegno di legge sulla responsabilità civile dei magistrati. Viene ampliata, rispetto alla legge Vassalli, la possibilità per il cittadino di fare ricorso e si innalza la soglia economica di rivalsa del danno, che può arrivare fino alla metà dello stipendio del magistrato. È stato eliminato il filtro di ammissibilità dei ricorsi contro lo Stato per responsabilità dei magistrati, il gruppo di trasporti aeroportuale aziona la nuova legge in cinquanta pagine di argomenti difensivi automaticamente tradotti in «gravi e manifeste violazioni di legge»: quelle che appunto sarebbero fonte di responsabilità per lo Stato, titolato (se condannato) a rivalersi poi sui magistrati fino a metà dello stipendio annuale e con penalizzazioni disciplinari.
E qui iniziano i cortocircuiti. Il primo è che una azione così anticipata — non alla fine di tre gradi di giudizio ma nel pieno delle indagini — crea una situazione paradossale, nella quale i pm d’ora in poi sosterranno l’accusa contro gli indagati davanti al Tribunale penale, I ricorsi Sono quelli vinti dai cittadini in 27 anni di applicazione della legge Vassalli. I ricorsi ammessi sono stati 400: oggi il filtro è stato eliminato ma nel contempo dovranno invece sostanzialmente difendersi (tramite l’Avvocatura dello Stato peraltro ignara della complicata materia sottostante alla causa) dall’azione di responsabilità civile intentata contro i pm appunto dagli indagati. Al punto da paventare un altro quesito: i pm dovranno astenersi o no dal continuare a rappresentare l’accusa nel processo penale? Apparirebbe singolare suicidio delle Procure che i capi accettino l’astensione dei loro pm «denunciati» dagli indagati, accettando che di fatto gli indagati abbiano il potere di liberarsi dei pm sgraditi; e lo escluderebbe anche la giurisprudenza di Cassazione, per la quale non possono essere condotte endoprocessuali a determinare l’astensione del pm o la ricusazione del giudice, e la causa di «grave inimicizia» deve precedere l’instaurarsi del procedimento.
Ma è chiaro che la situazione creata dalla nuova legge, che è immaginabile si cercherà di svelenire con la coassegnazione del fascicolo ad altri pm « immuni » al momento da azioni legali, non favorisce il massimo della serenità e anzi moltiplica i cloni del processo: quello penale agli imputati, ora la loro controazione civile sui pm, dopo che in questa vicenda già si erano registrati l’intervento dall’ambasciata inglese, pure una istanza di avocazione dell’indagine respinta dalla Procura generale di Roma, fino a numerosi esposti penali alla Procura di Perugia per eventuali reati commessi dai pm durante le indagini.