Pedaggi e lavori di ammodernamento Così paghiamo due volte le autostrade
I costruttori attaccano: società di gestione favorite. Le super proroghe delle concessioni
Cantone, che bolla quel beneficio assegnato dalla legge ai concessionari come contrario alla concorrenza. Siamo all’inizio di febbraio scorso, e il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi fa elegantemente spallucce, ricordando come Bruxelles abbia appena approvato una proposta del governo francese del tutto simile a quella italiana.
La risposta di Lupi non dice però che le concessioni francesi sono state ottenute con una gara a monte, cosa che non vale per molte concessioni italiane, frutto invece di semplici acquisizioni. Né dice che le proroghe delle concessioni francesi sarebbero mediamente di 2 anni e 11 mesi, mentre da noi si andrebbe ben oltre. I gestori italiani hanno presentato tre domande, sottoposte al vaglio dell’Ue. Mentre non è nota la proroga della concessione delle Autovie Venete, impegnate a un miliardo e mezzo di investimenti, per le sette concessioni del gruppo Gavio sarebbe in media di 16 anni a fronte di 5,2 miliardi di investimenti. Per l’Autobrennero l’allungamento risulterebbe addirittura di 20 anni, con 3 miliardi di lavori.
Non bastasse la presa di posizione di Cantone, ecco l’uscita di scena dello stesso Lupi a rendere lo scenario ancora più fluido. Al punto che ogni pronostico sulla sopravvivenza di quella proroga automatica è ora assai difficile. Per non parlare della nuova offensiva dei costruttori contro i gestori. Ai parlamentari che lo convocano in audizione, il presidente dell’Ance Paolo Buzzetti porta un documento ustionante di 23 pagine. Lì si ricorda che nel 2009, quando al governo c’era Silvio Berlusconi e alle Infrastrutture Altero Matteoli, passò la regola che consentiva ai concessionari di realizzare il 60% dei lavori «in house», cioè usando esclusivamente le proprie aziende. La motivazione fu che era necessario garantire gli investimenti previsti dalle convenzioni. Peccato però, sostiene l’Ance, che da allora quegli investimenti sono stati realizzati solo per poco più di tre quarti: 78%. La prova? I dati secondo cui gli appalti esterni dei concessionari autostradali sarebbero diminuiti da un miliardo 403,3 milioni del biennio 2007-2208 ad appena 119,8 milioni nel periodo 2013- 2014. L’Ance cita il caso Pavimental, controllata del gruppo Atlantia-Autostrade, che grazie ai lavori in house ha avuto dalla casa madre commesse per 1 miliardo e 133 milioni in cinque anni, scalando la classifica delle maggiori imprese italiane fino al posto numero 12. Spiegazione dell’amministratore delegato di Autostrade, Giovanni Castelucci: « Con Pavimental i tempi medi di esecuzione sono stati di tre anni, con soggetti terzi da cinque a nove anni. L’Ance ci chiede di rivolgerci a Pavimental perché così i subappaltatori vengono pagati».
Ma se le imprese terze toccano poche palle, fa capire il documento dei costruttori, i concessionari autostradali guadagnano due volte. La prima con le tariffe, la seconda con i lavori assegnati a se stessi. Cosa che ha indotto l’Ance a presentare un esposto europeo nei confronti della Società autostrada tirrenica, concessionaria (grazie a ripetute proroghe) fino al 2046 della Civitavecchia-Livorno, che sta realizzando in house il tratto fra Civitavecchia e Tarquinia: fino a tre anni fa controllata da Autostrade, ora metà del capitale è controllato dal gruppo Caltagirone e dalle coop. Da 13 anni è presieduta da Antonio Bargone, ex sottosegretario ai Lavori pubblici con Prodi, D’Alema e Amato.