Quella formula dell’università per l’integrativo Il caso Manfrotto
La stagione della contrattazione di fabbrica continua a riservare sorprese. Si riescono a negoziare intese sperimentali che a Roma sarebbero impensabili. E per chi sostiene che i nuovi modelli di relazioni industriali verranno dal Nordest l’accordo tra la Fim-Cisl di Vicenza e il gruppo Manfrotto, leader mondiale negli accessori professionali per la fotografia, ne è una riprova. Il modello Manfrotto prevede la valutazione e la misurazione individuale del lavoro e delle competenze dei dipendenti in virtù di uno schema «scientifico» negoziato e messo a punto da sindacato, Confindustria di Vicenza e Belluno e Università di Pisa. Lo schema è definito «equo, non discriminante e meritocratico» perché pur prevedendo differenze tra lavoratori è calato in una gestione delle risorse umane giudicata come sempre più partecipata. «In un’industria moderna – dicono i responsabili Fim – il confronto partecipativo sul capitale umano d’impresa deve essere sempre più il paradigma sul quale l’azione sindacale e la rappresentanza si devono concentrare». L’integrativo prevede anche premi che possono arrivare fino a 1.100 euro nel 2017 per quasi tutti e welfare aziendale con permessi, corsi di inglese e periodi di aspettativa in caso di procreazione assistita.
Il piano
Il principio che gli americani hanno intenzione di seguire è quello di specializzare i singoli siti o poli produttivi riportando indietro qualche lavorazione oggi all’estero (Cina)
Questo processo comporta però il sacrificio dello stabilimento di Caserta in Campania