Un saggio di Marco Gervasoni, edito da Marsilio, sul ruolo politico del Quirinale Il «governo del presidente»? Nacque nel 1953
(Taschen, pp. 400, 49,99). Immagini poetiche ambientate tra i paesaggi notturni più belli del mondo e realizzate con lunghe esposizioni durante il plenilunio. Con un’introduzione di Sheena Wagstaff, capo del dipartimento di arte moderna e contemporanea del Metropolitan Museum di New York, e un saggio del curatore Hamza Walker.
I«governi del presidente» non sono un’invenzione degli anni Novanta. Anzi il primo risale all’epoca del centrismo. Fu Luigi Einaudi che inaugurò quel tipo di soluzione nel 1953, dopo le elezioni in cui non era scattato il premio maggioritario previsto dalla riforma passata alla storia come «legge truffa». Il capo dello Stato, dinanzi alle divisioni che laceravano la coalizione centrista (Dc, Psdi, Pli, Pri), incaricò di formare il governo il democristiano Giuseppe Pella, senza consultare i partiti e condizionando la scelta dei ministri.
Nel libro Le armate del presidente (Marsilio) Marco Gervasoni sottolinea che non fu una scelta tecnica, ma «squisitamente politica», poiché da ministro del Tesoro Pella era stato «il fedele continuatore» delle scelte di Einaudi. Ma quell’esecutivo, che si reggeva con il supporto esterno delle destre, durò pochi mesi: fu la stessa Dc a decretarne il superamento e il Colle non poté opporsi. All’epoca il sistema dei partiti era ancora molto solido.
Anche le più marcate tendenze al protagonismo del successivo inquilino del Quirinale, Giovanni Gronchi, vennero rintuzzate. E tuttavia, sostiene Gervasoni, quelle vicende lontane dimostrano che il capo dello Stato nel nostro ordinamento non è mai stato una figura neutra, bensì «un attore politico di primo piano», potenzialmente concorrenziale rispetto alle forze rappresentate in Parlamento.
Questo ruolo del Quirinale è poi emerso in modo sempre più evidente quando il sistema dei partiti e lo stesso Stato nazionale sono entrati nella grave crisi di legittimità ancora in corso. Venuti meno gli equilibri precedenti, scrive Gervasoni, il presidente è diventato «la figura chiave della decisione politica nello stato di emergenza, un ruolo che i capi dello Stato nel passato avevano esercitato solo a fasi alterne». E a questo punto, sostiene l’autore, sorge l’interrogativo se non sia il caso di attribuire all’inquilino del Colle un’investitura popolare diretta.