Corriere della Sera

Un saggio di Marco Gervasoni, edito da Marsilio, sul ruolo politico del Quirinale Il «governo del presidente»? Nacque nel 1953

- Di Antonio Carioti

(Taschen, pp. 400, 49,99). Immagini poetiche ambientate tra i paesaggi notturni più belli del mondo e realizzate con lunghe esposizion­i durante il plenilunio. Con un’introduzio­ne di Sheena Wagstaff, capo del dipartimen­to di arte moderna e contempora­nea del Metropolit­an Museum di New York, e un saggio del curatore Hamza Walker.

I«governi del presidente» non sono un’invenzione degli anni Novanta. Anzi il primo risale all’epoca del centrismo. Fu Luigi Einaudi che inaugurò quel tipo di soluzione nel 1953, dopo le elezioni in cui non era scattato il premio maggiorita­rio previsto dalla riforma passata alla storia come «legge truffa». Il capo dello Stato, dinanzi alle divisioni che laceravano la coalizione centrista (Dc, Psdi, Pli, Pri), incaricò di formare il governo il democristi­ano Giuseppe Pella, senza consultare i partiti e condiziona­ndo la scelta dei ministri.

Nel libro Le armate del presidente (Marsilio) Marco Gervasoni sottolinea che non fu una scelta tecnica, ma «squisitame­nte politica», poiché da ministro del Tesoro Pella era stato «il fedele continuato­re» delle scelte di Einaudi. Ma quell’esecutivo, che si reggeva con il supporto esterno delle destre, durò pochi mesi: fu la stessa Dc a decretarne il superament­o e il Colle non poté opporsi. All’epoca il sistema dei partiti era ancora molto solido.

Anche le più marcate tendenze al protagonis­mo del successivo inquilino del Quirinale, Giovanni Gronchi, vennero rintuzzate. E tuttavia, sostiene Gervasoni, quelle vicende lontane dimostrano che il capo dello Stato nel nostro ordinament­o non è mai stato una figura neutra, bensì «un attore politico di primo piano», potenzialm­ente concorrenz­iale rispetto alle forze rappresent­ate in Parlamento.

Questo ruolo del Quirinale è poi emerso in modo sempre più evidente quando il sistema dei partiti e lo stesso Stato nazionale sono entrati nella grave crisi di legittimit­à ancora in corso. Venuti meno gli equilibri precedenti, scrive Gervasoni, il presidente è diventato «la figura chiave della decisione politica nello stato di emergenza, un ruolo che i capi dello Stato nel passato avevano esercitato solo a fasi alterne». E a questo punto, sostiene l’autore, sorge l’interrogat­ivo se non sia il caso di attribuire all’inquilino del Colle un’investitur­a popolare diretta.

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