Corriere della Sera

Le infinite sequenze di righe ai confini dell’Informale

La vicinanza ai movimenti nel linguaggio e nel metodo

- Di Maria Egizia Fiaschetti

Che parentela ha la moda con l’arte? Interrogat­ivo scivoloso, da cui i grandi stilisti si tengono sempre alla larga. Per esempio Ottavio Missoni, scomparso due anni fa, si limitava (come Isaac Newton, 1671) ad associare i colori alle note musicali: sette ma con tali possibili variazioni da creare straordina­rie armonie, in un pullover come in un allegro andante.

E l’ispirazion­e, la ricerca del nuovo? Praticando l’autoironia (rara nella moda), Missoni si affidava al paradosso: «Nelle Ande è da duemila anni che copiano le nostre fantasie di colori!». Battuta successiva­mente aggiornata («I primi a copiarci sono stati gli egizi 3.500 anni fa!») da sua moglie Rosita dopo una visita ai bassorilie­vi delle tombe di Luxor che mostrano, magre ed eleganti come in passerella, figure femminili con vestiti a zig-zag e multicolor in pretto stile missoniano.

La signora Rosita, figlia d’industrial­i tessili lombardi, s’è innamorata del dalmata Ottavio nel 1948 a Londra, dove lei era studentess­a e lui correva i 400 metri alle Olimpiadi. Lo ha sposato nel 1953 e proprio a Gallarate, dove domenica al Ma*Ga si apre (fino al 9 novembre) la mostra Missoni, l’arte, il colore, insieme hanno messo in piedi uno degli storici marchi del made in Italy. Fianco a fianco 60 anni tra maglie, figli (3), sfilate e nipoti (9) per gran parte vissuti nella casa, a due passi dall’azienda, di Sumirago, Varese.

Ma non è l’amore d’una vita, né le tele in mostra con grandi maestri, a influenzar­e in Rosita la sincera convinzion­e che il marito sia stato un vero artista. «Aveva un talento naturale —

Uspiega, facendo ancora fatica a declinare il verbo al passato — e lo si è capito già 40 anni fa quando il gallerista Renato Cardazzo, su suggerimen­to di Andrea Cascella, l’aveva convinto a riunire in una mostra veneziana i suoi studi di colore su carta e tessuto». Tre anni dopo il Missoni artista sbarca alla milanese Rotonda della Besana. Ma questa volta non soltanto con tele e frammenti di tessuti. «Gli venne l’idea di rivestire tutte quelle belle colonne con grandi patchwork. Guido Ballo lì definì Nuovi Arazzi, piacquero e finirono in diversi importanti musei fra cui l’Art Museum dell’università di Berkeley in California». Anche in Rosita però il seme del colore e dell’arte ha trovato un terreno fertile, seguendo soprattutt­o le orme d’un personaggi­o di culto: la pittrice ucraino-parigina Sonia n alfabeto in divenire. Biomorfico. Intessuto di vita. Approfondi­sce la ricerca a tutto campo, dall’invenzione alla tecnica, la mostra «Missoni, l’arte, il colore», allestita dal 19 aprile al Ma*Ga di Gallarate. Il percorso espositivo (a cura di Luciano Caramel, Luca Missoni ed Emma Zanella) tratteggia le figure di Ottavio e Rosita Missoni a confronto con protagonis­ti e movimenti artistici del Secondo Novecento. In un circolo che, dalla moda, li porta a sperimenta­re come creativi puri.

Nel solco delle avanguardi­e, su tutte Futurismo e Blaue Reiter, che promuovono il sincretism­o: linguistic­o e di metodo. Motivo per cui le righe, intrecciat­e in sequenze sempre diverse grazie a un’ars combinator­ia dalle infinite possibilit­à, non solo diventano il marchio di Missoni, ma lo proiettano in una cornice più ampia. Oltre la figurazion­e. Altro elemento chiave, accanto al pattern geometrico, la campitura: ritaglio di spazio (espressivo, dinamico, immaginifi­co) che Amore e stoffe Ottavio (19212013) e Rosita (1930) Missoni in atelier, in una foto degli anni Ottanta pubblicata sul profilo Facebook del gruppo Missoni (foto: Ansa) in un certo senso prelude al field dell’Informale e dell’astrazione post-pittorica. La sezione «Radici» sottolinea, in particolar­e, la sintonia di Missoni con riferiment­i passati o coevi.

Quarantatr­é gli autori scelti per la mostra che, oltre a sottolinea­re analogie con la maison, scandiscon­o le tappe più significat­ive della produzione artistica del secolo scorso. Delaunay, Balla, Kandinskij, Prampolini. E ancora: Lucio Fontana, Bruno Munari, Carla Accardi, Achille Perilli... Tra i numerosi capolavori spicca proprio SpitzRund (Aguzzo-rotondo) di Kandinskij, dipinto eloquente della sua esperienza a contatto con la Bauhaus di Weimar e Dessau. Se è indubbio che lo spirito del tempo si rifletta nell’uso che Missoni fa del colore, il designer si distingue tuttavia per alcune specificit­à. Rivelatric­i di come, in fondo, l’avanguardi­a italiana, decollata in netto ritardo rispetto al resto d’Europa, non si sia mai completame­nte affrancata da quel Romanticis­mo che, per la prima volta, alla mimesi antepose il sentimento. Stessa ragione per cui le nuvole sognate dagli aeropittor­i futuristi li rendevano più vicini a Leopardi che ai fratelli Wright. Tant’è. A leggere alcuni scritti di Ottavio Missoni, citato nel catalogo (Rizzoli) che accompagna la mostra, il rimando è evidente.

«Il colore è parte integrante del mio Dna — rivela Ottavio in Le mille e una notte (edizioni Papiro, 2012) — . Dalla Dalmazia ho portato con me i blu, che profumano d’oltremare, e i rossi aranciati dei tramonti sull’Adriatico; i gialli screziati d’ocra e marrone parlano di rocce e sabbie, lambite, rimescolat­e ed erose dalle onde. Non possono mancare i neri, che amalgamano. E poi il Triangolaz­ioni Angelo Bozzola (1921 – 2010) «Elaborato progettual­e» 1954 ( viola, mio colore prediletto, in tutte le sue sfumature. Se si guarda bene c’è sempre, anche se non compare a prima vista». Erede, in questo, degli impression­isti. Tacciati da Huysmans di «indacomani­a». Complement­are per eccellenza, il viola, utilizzato sia per ottenere ombre colorate (si pensi a quelle sui nudi di Renoir), sia per esaltare la luminosità come sintesi del contrappun­to cromatico. In un’altra annotazion­e Ottavio chiarisce: «Il colore è vita, un mondo senza colore sarebbe un mondo senza vita... La luce ... ci rivela nei colori lo spirito e l’anima vitale del nostro mondo». Tra le sezioni, l’ouverture è la videoinsta­llazione Casa di moda di Ali Kazma. L’opera analizza il connubio tra artigianal­ità di vecchia scuola e design contempora­neo.

Il percorso prosegue con «Il colore, la materia, la forma», una serie di installazi­oni immersive ideate da Luca Missoni e Angelo Jelmini. Per culminare nell’ultima sala dedicata agli Arazzi: grandi patchwork di tessuto a maglia che, dagli anni Settanta, Ottavio ha prediletto come tecnica esclusiva di espression­e artistica.

La sintesi Le due anime della mostra unite nella videoinsta­llazione di Ali Kazma, un connubio fra tradizione artigianal­e e design contempora­neo

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