IMPERO ROMANO D’ORIENTE LA METÀ DIMENTICATA
Mia figlia di 11 anni, frequentando la prima media, mi ha chiesto un aiuto per una ricerca su Giustiniano. L’imperatore bizantino riuscì a ricomporre, seppur marginalmente, quanto era rimasto dei territori dove un tempo si diceva con orgoglio «civis romanus sum». Le vorrei chiedere se anche lei ha l’impressione che le vicende storiche dell’Impero romano d’Oriente vengono studiate in modo non dico superficiale, ma di certo marginale. Pur capendo la «visione romanocentrica» della storia patria, è indubbio che si parla pur sempre della continuazione dello stesso impero dei nostri avi; sopravvisse quasi altri 1.000 anni e mantenne molte tradizioni latine prima di soccombere anch’esso alla propria decadenza.
Isuoi sentimenti sono condivisi, con buone ragioni, da molti studiosi in quasi tutti i Paesi dell’Occidente. È vero che nelle scuole europee e americane non viene dedicata alla storia dell’Impero bizantino l’attenzione che il soggetto meriterebbe. Ma è probabile che alle origini di questa disattenzione vi sia un problema di politica culturale.
Da quando la scuola si è aperta alle masse, nella seconda metà dell’Ottocento, l’insegnamento della storia ha immediatamente assunto una funzione pedagogica. Nello Stato moderno, dove il cittadino è chiamato periodicamente alle armi, per difendere la patria, e alle urne, per conferire ai governi una sorta di legittimità democratica, occorre dimostrare ai giovani, sin dalle scuole medie, che sono membri di una comunità nazionale di cui devono andare orgogliosi. Buona parte dell’insegnamento, quindi, è dedicato alla ricerca delle radici storiche di questa comunità. Come le famiglie reali europee, nel Medioevo, si proclamavano discendenti di antichi personaggi storici o mitologici, anche le nazioni hanno bisogno di antenati e quarti di nobiltà. Per quelle sorte in terre che furono occupate e amministrate da Roma, questa «caccia all’antenato» è caduta, ovviamente, sull’Impero romano d’Occidente. Beninteso ogni nazione deve esaltare la propria individualità. Per buona parte dell’Ottocento abbiamo assistito così al ritorno in scena di antichi gruppi etnici che avevano il merito di conferire a ogni nazione la sua peculiarità: gli angli, i sassoni, i galli, i goti, i longobardi, i daci, i belgi, gli unni e i latini. Ma il riferimento comune continuò a essere, per tutti, l’Impero romano d’Occidente.
Con quello d’Oriente, nel frattempo, i legami continuavano ad allentarsi. Più passava il tempo, più le due metà dell’Impero romano avanzavano lungo percorsi sempre più divaricati. Mentre la nascita del Sacro Romano Impero creava nuovi vincoli fra le sue province occidentali, l’Impero bizantino diventava uno Stato asiatico.
Credo che siano queste, caro Taliani, le ragioni per cui le scuole medie dell’Europa occidentale, con l’ovvia eccezione delle scuole greche, trascurano generalmente l’Impero bizantino o si limitano a parlarne con riferimento all’opera giuridica di Giustiano. Questo non significa che la storia di Bisanzio sia trascurata nelle Università dove esistono, anche in Italia, eccellenti studiosi. Significa più semplicemente che la storia bizantina non è considerata indispensabile per la formazione del cittadino europeo.