Corriere della Sera

Telefonate e indizi Un piano per colpire Roma e il Vaticano

- Piccolillo Sacchetton­i, Vecchi

Ifatti sono del 2010. Ma l’imam di Bergamo e Brescia è stato arrestato ieri, con altri 9 islamici. Altri 12 sono ricercati, 3 in Italia. L’accusa è aver tirato le fila di un gruppo terroristi­co legato ad Al Qaeda, che preparava attentati in Italia e in Vaticano: obiettivo papa Ratzinger.

Pianificav­ano la costruzion­e di nuove moschee e veicolavan­o finanziame­nti alle scuole coraniche ma, più di tutto, sognavano di scalare i ranghi della lotta jihadista con sabotaggi internazio­nali e stragi al mercato oppure, più prosaicame­nte, stringendo la mano di Osama Bin Laden: «Una ragazza mi ha chiesto: conosci Bin Laden? Ma è mio fratello! Ma ancora non è morto. Lui era lì e ha mandato me qua» confida, intercetta­to, il numero uno dell ’ organizzaz­ione, Hafiz Muhammad Zulkifal, a un amico.

Fra il 2005 e il 2011, prima che il Principe del Terrore — com’era chiamato dall’11 settembre — fosse giustiziat­o dai corpi speciali statuniten­si nella sua villa fortino in Pakistan, Zulkifal, Sultan Wali Khan, Imitias Khan e altri sarebbero stati operativi nel finanziare in suo nome azioni clamorose (come la strage di ottobre 2009 al mercato di Peshawar) e coltivare propositi stragisti in Italia, attraverso kamikaze. Finanziand­osi anche con la tratta degli immigrati, soprattutt­o dall’Afghanista­n e dal Pakistan, a cui avrebbero assicurato la copertura di falsi documenti, contratti di lavoro fittizi e nulla osta prefabbric­ati.

Uno fra gli arrestati Imitias Khan, ritenuto dagli investigat­ori uno dei promotori degli ingressi clandestin­i in Italia e braccio operativo dell’associazio­ne, chiedeva familiarme­nte notizie del capo di Al Qaeda: «Nella telefonata Khan chiese notizie di Osama Bin Laden alla sorella, che gli rispose: “Anche lui sta bene, sta dormendo”. Risposta che — concludono gli uomini della Digos — suggerisce che il noto capo terrorista fosse ospitato nell’abitazione dei familiari di Imitias Khan».

Nessuna millanteri­a, a quanto pare. Un altro, il «graduato» Sultan Wali Khad (già sottoposto a indagini per finanziame­nti al movimento talebano) avrebbe incontrato Osama di persona offrendosi «di partecipar­e a una conferenza insieme a lui» dopo il comunicato del 14 settembre 2009, nel quale lo sceicco invitava il popolo statuniten­se a liberarsi dei propri governanti. Altrove, Ayesha Khan, moglie di Imitias, lo informa «del ferimento (frattura al femore) di Osama Bin Laden, il quale era stato portato nel villaggio di Nowshera (vicino ad Abbottabad, teatro del blitz americano del 2011, ndr) per ricevere le cure necessarie». In un’intercetta­zione ambientale del 6 maggio 2010 un altro rassicura un amico, con il consueto fervore, che «Bin Laden non è morto ancora! Quando lui brucia tutto il mondo, dopo brucia anche lui».

Con o senza sceicco, di cui l’associazio­ne segue ammirata perfino il malinconic­o tramonto di carriera, gli arrestati — scrivono gli investigat­ori — erano in grado di pianificar­e iniziative eclatanti: « Sono emersi rapporti molto stretti tra gli accusati e organizzaz­ioni terroristi­che internazio­nali, e in particolar­e contatti di primo livello di Sultan Wali Khan e Zulkifal con Al Qaeda e il suo fondatore». Tra le azioni in preparazio­ne anche il progetto di un attentato in Italia nel 2010 «peraltro giunto in fase avanzata perché l’attentator­e pronto al suicidio era già in Italia e l’esplosivo era pronto». Ce n’è anche per singole azioni militari in applicazio­ne della legge coranica. Come l’uccisione della sorella di Sultan Wali Khan punita per aver rifiutato di sposare il cugino, secondo la legge pashtun.

«Le indagini — scrive il gip — hanno fatto emergere l’insediamen­to a Olbia di un gruppo di persone di nazionalit­à pachistana le quali, in stretto collegamen­to con altri esponenti della comunità pachistana in Italia e con connaziona­li rimasti in Pakistan, hanno dato il via a un’organizzaz­ione fondamenta­lista collegata ad Al Qaeda e ad altre formazioni jihadiste internazio­nali come Thereek e Taliban», il movimento talebano pachistano responsabi­le della strage di bambini a Peshawar, scrive la Digos.

«Voi fermate le persone che protestano con l’uso dei manganelli e cercate quelle che fanno dei lavori illegali. Anche noi facciamo la stessa cosa! Voi lavorate sotto le leggi dello Stato, noi su quelle di Dio» rivendicav­a (al telefono con un agente non identifica­to) il quarantadu­enne Hafiz Muhammad Zulkifal, intercetta­to al suo domicilio di Verzellino, Bergamo, dove da imam militante avrebbe contribuit­o a organizzar­e collette tra le comunità islamiche del nord Sardegna, Lazio e Marche. «Conosco una persona a Lecce, ho amici in tutte le città d’Italia» assicurava a un altro, preoccupat­o della collocazio­ne di un gruppo di clandestin­i. L’associazio­ne era in grado di andare in soccorso alle famiglie dei combattent­i, come riferisce uno di loro spiegando che «presso il gruppo di Olbia vi era una sorta di cassa sempre a disposizio­ne dei poveri e delle famiglie dei fedayn». Anche dopo la morte dello sceicco, fra 2011 e 2012, le intercetta­zioni fra il fratello dell’ospite pakistano di Bin Laden (Initias) e un altro arrestato, Hui Haq Zaheer, suggerisco­no che le attività di intermedia­zione e compravend­ita di documenti falsi servivano ad autofinanz­iarsi. Tutti «gravi indizi circa la sussistenz­a di un’associazio­ne con finalità di terrorismo internazio­nale».

Voi bloccate le persone con l’uso dei manganelli e cercate quelle che fanno dei lavori illegali. Voi lavorate sotto le leggi dello Stato, noi su quelle di Dio

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(Reuters) L’arresto Un’immagine tratta dal video che mostra uno degli arresti di ieri a Bergamo durante il blitz della polizia per fermare la cellula vicina ad Al Qaeda con base in Sardegna. Il gruppo sarebbe anche responsabi­le di attentati e attacchi...

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