Corriere della Sera

«Ma non alziamo steccati contro la Turchia L’Italia vuole il dialogo»

- DAL NOSTRO INVIATO L. Cr.

«La memoria della tragedia armena e delle responsabi­lità turcoottom­ane non può paralizzar­ci nel passato. Ma serva anche da sprone per il dialogo tra Europa e Ankara», sostiene il presidente della Commission­e Esteri del Senato, Pier Ferdinando Casini, che guida la delegazion­e italiana a Erevan.

Anche per l’Italia quello armeno 100 anni fa fu chiarament­e un genocidio?

«Non abbiamo problemi a sostenerlo. Venne testimonia­to con una risoluzion­e del parlamento italiano agli inizi degli anni Duemila. E oggi lo ripetiamo con forza in un mondo in cui le persecuzio­ni e i genocidi si moltiplica­no. Penso ai Boko Haram in Africa, ai cristiani perseguita­ti in Medio Oriente. Voglio essere chiaro: in Italia non c’è spazio per il negazionis­mo. Ma il nostro Paese per cultura e vocazione vuole il dialogo, incluso quello tra armeni e turchi, nella convinzion­e che la ricerca della verità storica non sia da impediment­o e cancelli piuttosto i peccati di omissione».

Sono venuti in Armenia Hollande e Putin. Perché non Renzi o Gentiloni?

«Tanti Paesi hanno inviato delegazion­i di alto livello, ma non ministeria­li. Penso, per esempio, a Germania e Inghilterr­a».

Vede continuità tra il genocidio di allora e le persecuzio­ni di cristiani ora?

«Lo ha detto benissimo Hollande: gli armeni sono al crocevia della storia. Conoscerne passato serve a non ripetere gli errori di ieri. Ma non per questo vanno alzati steccati contro i turchi di oggi. La Turchia resta un partner fondamenta­le della Nato, può aiutare la battaglia contro il fanatismo islamico. Vanno comprese le inquietudi­ni turche nei nostri confronti per continuare il cammino assieme».

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