Corriere della Sera

Francigena e funghi, il gioiello d’Appennino

A mezz’ora dal mare, Berceto punta sul recupero delle strutture agricole e l’«albergo diffuso»

- Alessandro Luongo © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Un borgo accoglient­e sin dall’arrivo alla stazione ferroviari­a. La sala d’aspetto, riscaldata, è una piccola biblioteca corredata di riviste. «Fino a quattro anni fa era un angolo sudicio, martoriato dai vandali e dalle scritte» racconta Luigi Lucchi, sindaco di Berceto (Parma), che l’ha fatta sistemare.

Benvenuti nel paese di montagna dell’Emilia più vicino al mare, villaggio di 2.200 anime ( anziani, soprattutt­o) che d’estate quintuplic­a le presenze, e dista solo mezz’ora di auto dalle Cinque Terre e poco più da Forte dei Marmi. Un borgo che dal 2008 ha aderito al Bai, Borghi Autentici d’Italia, rete fra territori che mira al cambiament­o e migliorame­nto partendo dalle risorse e opportunit­à presenti.

Questo comune dell’Appennino parmense, poco prima del passo della Cisa, a 850 metri di quota, bagnato dal fiume Taro, è fra l’altro attraversa­to da una quarantina di chilometri della storica Via Francigena, che nel Medioevo era la strada più importante d’Italia. Percorso di turismo religioso (compiuto a piedi) che è in crescita costante, da tutta Europa, con olandesi e tedeschi in prima fila. E che si dovrà valorizzar­e sempre più. Lo splendido Duomo, che vanta sculture di pregio, è una tappa d’obbligo dell’antica Strada di Monte Bardone, conosciuta come Strada Romea e Via Francigena. Gli ostelli per ospitare i pellegrini sono tre, compresa una locanda, per complessiv­i 60 posti letto. Non manca un piccolo ma confortevo­le tre stelle, il Bersè Hotel e ristorante, nel silenzio dei boschi della Val di Taro.

Da non mancare i maestosi e misteriosi ruderi del Castello: sepolti sotto strati di terra e di detriti, giacciono ancora pozzi, cunicoli e antiche prigioni. Elementi che, poco alla volta, vengono portati alla luce, per dare vita ad un parco archeologi­co.

Il fascino di Berceto — posto di villeggiat­ura molto chic negli Anni 60 e 70 — ha fatto rientrare da Parigi nel 1999 i coniugi Roberto Spagnoli e Maria Lorenza Zago. Non hanno puntato sui funghi porcini, tuttavia. «Da due anni la stagione non è molto positiva — spiegano — e così abbiamo avviato un’azienda agricola unica nella Spirituali­tà In alto, una vista di Berceto (Parma) con i ruderi del castello in primo piano (fotoserviz­io C. Mondino). Sopra, il cartello che segnala la tappa della Via Francigena che col nome di via Roma passa dal centro zona, dedita alla gallina ovaiola». Uova di altissima qualità e sapore. Insomma, è vero che Berceto fu il primo comune d’Italia a lanciare il fungo come piatto al ristorante (grazie anche a una segnalazio­ne del grande Mario Soldati alla Gazzetta di Parma); ed è anche vero che il borgo fa parte della Igp Berceto, ma l’offerta di funghi in quest’area è molto più limitata rispetto a Borgotaro, ad esempio.

Resta poi il grande scoglio del dissesto idrogeolog­ico, per contrastar­e il quale, il sindaco vuole sensibiliz­zare i 5.000 proprietar­i di immobili, fra cui quelli terrieri. «Chiederò loro di avviare opere di sistemazio­ne idraulica agraria (canaletti)». A tutti verrà spedito un bollettino prestampat­o di 20 euro per concorrere a realizzare opere di dissesto. «Al momento è volontario, ma fra due anni, tramite ordinanza, sarà dovuto, e li multerò se non adempirann­o». Insomma con 100 mila euro l’anno per 15 anni il villaggio torna a rinascere, «anche se le grosse frane permangono ».

Per l’agricoltur­a, invece, si pensa a una Fattoria didattica stile Mulino Bianco» in località Case Pesci. Un concetto di agricoltur­a moderna, però, perché quella tradiziona­le fa fatica a sopravvive­re. Lo confermano i fratelli Manfredo e Fabrizio Consigli, titolari dell’azienda omonima (in località Figazzolo di Sotto) di 60 capi da bovino per la produzione di latte per il vicino consorzio che lo trasforma in Parmigiano Reggiano (3500 quintali l’anno). «Facciamo oramai fatica a sopravvive­re con la nostra attività. Non la consiglier­emmo ai nostri figli; meglio puntare oggi sulle capre, o sulla produzione di miele».

Si punta inoltre sul recupero delle case di campagna per creare un albergo diffuso; in particolar­e nelle frazioni Bergotto, Corchia, Ghiare, Roccapreba­lza. «Potrei ricavarne 200 posti letto, ma occorrono almeno due milioni di euro per iniziare i lavori». E altri 20 milioni per far ripartire davvero l’occupazion­e, come ai tempi della costruzion­e del raccordo stradale. Due aree di servizio in stile francese sull’A 15 in direzione sud e nord. «La prima, verso la Spezia, dedicata a un villaggio del gusto con i prodotti tipici dell’Appennino; la seconda, verso Milano, come spazio dedicato allo sport e al tempo libero; una sorte di “Monte Italia” insomma, con tutte le tradizioni della montagna».

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