«Intesa, Messina si dimette» Falsa mail, la Consob indaga
Il titolo va giù poi recupera. Presunta rivendicazione No Tav
La mail arriva alla rinfusa a giornalisti e (forse) a operatori a partire dalle 15.38: «Intesa Sanpaolo conferma» che il ceo Carlo Messina «si è dimesso» e «ha ammesso di aver falsato la contabilità», il bilancio della banca non è in utile ma in perdita. Tutto è inconsueto, dal linguaggio alla forma della comunicazione, link e indirizzi mail possono trarre in inganno ma non portano a nulla anche perché il finto sito viene sospeso in fretta.
Insomma, il falso è evidente anche ai meno esperti e, dopo verifiche con l’istituto, nessuna agenzia o sito web riporta la notizia. Circola però su Twitter e anche un commentatore esperto come Simon Nixon del Wall Street Journal cade nel tranello e se ne scuserà pubblicamente proprio con un tweet. Alle 16.30 viene annunciata una smentita ufficiale che è diffusa dalla banca alle 17.15. Nel frattempo però il titolo in Borsa, che stava guadagnando circa l’1%, subisce un contraccolpo e fra le 15.38 e le 16.06 perde il 3,2%, per poi recuperare altrettanto rapidamente e chiudere in rialzo dell’1,05%.
E per finire arriva anche una simil-rivendicazione: il sito Indymedia Piemonte pubblica una nota attribuita a «No Tav» che si rallegra perché il falso comunicato ha fatto precipitare il titolo di Intesa, indicata «la principale banca che finanzia la Tav». Segue elogio del «metodo di lotta» di «diffondere bufale».
La bufala ha fatto scattare le indagini da parte della Consob per abuso di mercato sotto forma di manipolazione informativa. C’è almeno un precedente. Nel 2007 un falso comunicato stampa ha attribuito all’Antitrust l’apertura di un’istruttoria per abuso di posizione dominante su Mediaset. Le indagini Consob hanno avuto successo e l’autore della bufala è stato individuato e punito nel 2011 con una sanzione di 100 mila euro.
Intesa Sanpaolo, che lunedì ha in calendario l’assemblea degli azionisti sui conti, ovviamente si è mossa subito: ha informato le autorità e ha fatto partire la caccia incaricando «i responsabili della sicurezza informatica del gruppo di acquisire tutti gli elementi utili alla identificazione di coloro i quali hanno concepito ed eseguito tale grave atto». Allo stesso tempo l’istituto valuta «con i legali tutte le eventuali azioni giudiziarie».
La bufala fabbricata con scarsa perizia ha provocato tutto sommato danni limitati. Però da un lato è senza dubbio un atto facilmente replicabile, dall’altro «inquieta» il fatto che, nonostante la falsa notizia non sia circolata sui principali canali informativi se non in forma di smentita, abbia comunque provocato un breve terremoto in Borsa.