Il circolo vizioso della mediocrità
Giovedìsera è successo quello che pavento da tempo: in Rai non sono più capaci di fare i programmi. Grandi discorsi sul servizio pubblico, convegni sul comunicare, il capo azienda con pieni poteri, il canone… Ma i programmi, chi si deve occupare dei programmi? Ho trascorso una vita professionale, negli studi e nell’insegnamento, a mettere in primo piano la messa in onda: la storia della tv si fa con le trasmissioni non con le lottizzazioni, le quote di rappresentanza, i direttori scelti per strane alchimie. Il Servizio pubblico esiste solo se sa esprimere una linea editoriale e la Rai è da tanto tempo che non ne esprime una, che non si cura più dei suoi prodotti. Dev’essere un nostro vizio culturale: parlare molto di tv e poco di contenuti. E fatalmente arriva la sera in cui la Rai viene umiliata da una telenovela spagnola: su Rai1 c’era un varietà inguardabile, su Rai2 un talk politico (uno dei tanti), su Rai3 la pretenziosità intellettuale (ne parlo in rubrica). Inutile vantarsi delle maestranze che tengono in piedi l’azienda, quando vengono mortificate in questo modo. Tanto vale trasformarsi in una finanziaria e comprare i programmi sul mercato. In Rai, sulla buona tv c’è rassegnazione. Finita la stagione di Guglielmi, è come se Viale Mazzini avesse deciso che il suo meglio è il suo peggio, che il mediocre sia un valore positivo. E la mediocrità è un circolo vizioso, rende potenti solo i mediocri. Sarà duro riformare la Rai. Molto meglio rifondarla.