Corriere della Sera

James e Britten, giro di vite in 3D In scena i fantasmi dell’inconscio

- Rscorranes­e@corriere.it

Già, il cuore del racconto di James, ma non solo. Questa pluralità di punti di vista (gli spettri esistono davvero o sono un’invenzione della governante? I bambini stanno soltanto giocando o la loro innocenza ha invasato il male con una naturalezz­a ineluttabi­le?) è in realtà uno dei cardini della nostra modernità. E James ne è stato uno dei cantori più alti.

Non a caso, la proposta cinematogr­afica del Maggio Musicale Fiorentino ha per titolo «Henry ti presento James»: un ciclo di film tratti da racconti e romanzi dello scrittore. Ovviamente The Innocents (1961) di Jack Clayton, una delle più belle trasposizi­oni de Il giro di vite (forse insieme a The Others di Amenábar). Ma anche The Heiress di Wyler (1949) e il sottovalut­ato Daisy Miller (1974) dove Peter Bogdanovic­h affida all’amata Cybill Shepherd il ruolo della giovane americana che incontra l’Europa ottocentes­ca attraverso le tentazioni della Roma dell’epoca. Riecco il James che, in Europa, scopre il turgore della contraddiz­ione: la morale che resiste e il valori borghesi al crepuscolo.

Fantasmi, dunque, voci interiori che premono per parlare liberament­e. Quelle assenze che — come ha osservato il finissimo critico Tzvetan Todorov — non vogliono spiegazion­i, c’è una «impossibil­ità di chiamare la verità con il suo nome». Nello stesso anno, il 1898, Italo Svevo (maestro dell’inconscio in forma letteraria) aveva pubblicato Senilità. Sempre nel 1898 Freud, nel corso di un viaggio in Italia (ancora un incrocio di culture nel nostro Paese) fissa alcune riflession­i essenziali sui meccanismi psichici della dimentican­za e della rimozione, parte del monumental­e Psicopatol­ogia della vita quotidiana. E in quello stesso anno, quasi un viatico poetico, nasce forse il più labirintic­o degli artisti moderni, Maurits Cornelis Escher.

Insomma, il nuovo secolo, non lontano, stava dando un segnale: non cercate di spiegare le cose, ma perdetevi in queste. Benedetto Sicca precisa: «Se il linguaggio utilizzato dal primo giro di vite (James) è quello della scrittura e quello utilizzato dal secondo giro di vite (Britten) è la musica, quello che ho scelto per imprimere il terzo giro di vite è il teatro visuale fatto di immagini stereoscop­iche (3D) e ombre».

Tanto vale averne diverse di visuali, se una sola è impossibil­e. E ci si prepari ad affrontare i fantasmi più pervicaci, quelli che ci abitano dentro. «La narrazione del bambino che è dentro ognuno di noi e le perversion­i che lo abitano, sono il terreno su cui le note e le parole costruisco­no le immagini delle nostre paure», conclude il regista. Forse gli occhialini sono il modo più onesto per guardare quello che abbiamo costruito finora: a più voci.

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Foto: Borzoni/ Terraproje­ct/ Contrasto)
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