Corriere della Sera

UN ESPERIMENT­O DIMOSTRA CHE CONVIENE ESSERE MISTERIOSI

- di Antonella Baccaro © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Molto tempo fa, quando nacque Facebook e noi amiche eravamo ancora trentenni single un po’ «frille», decidemmo di sondare quale uso fare della nuova tecnologia nell’universo delle relazioni. Prima di allora, per chi non se lo ricordasse, c’erano solo le chat, da alcune di noi frequentat­e clandestin­amente, perché considerat­e «l’ultima spiaggia». Facebook ci apparve come il salotto presentabi­le dove incontrars­i pubblicame­nte per poi passare al sottobosco della messaggeri­a privata (la vera invenzione di Facebook).

Fu allora, in una serata di particolar­e spensierat­ezza, che decidemmo di creare un profilo virtuale comune, cui demmo un nome di fantasia. Come foto scegliemmo quella enigmatica di un ritratto antico. In breve tempo ci procurammo un cospicuo pacchetto di amicizie tra persone che ognuna di noi conosceva e che spesso per le altre erano perfetti sconosciut­i. Il patto fu di animare il profilo a turno e di usarlo ciascuna per le proprie curiosità. Chi lo adoperò per spiare la figlia su Facebook, chi per ficcanasar­e nel profilo della collega, chi per seguire anonimamen­te il moroso. Personalme­nte decisi di sperimenta­rne le potenziali­tà sentimenta­li.

Individuai tra le amicizie maschili che non mi conoscevan­o un profilo dotato in apparenza di garbo, riserbo e curiosità intellettu­ale, quindi passai all’attacco. Non mi fu difficile attirarne l’attenzione: il «nostro» profilo misterioso era stato costruito a arte. La sfida fu mantenere il contatto senza svelare la mia identità. Per questo scelsi la tecnica del gioco, confidando che il signore in questione ne rimanesse sedotto. Non sbagliai. Ogni notte lasciavo nella sua cassetta virtuale un messaggio contenente un indizio per arrivare a me. Passò un mese prima che si desse per vinto e chiedesse un incontro.

Se siete arrivati fin qui, è perché forse volete sapere come andò a finire. Ma l’unica cosa che posso rivelarvi è quello che ho capito sui social network: più dei selfie ammiccanti e dei messaggi espliciti e ossessivi, conta quello che si riesce a evocare. Anche nel regno di ciò che più appare, a volte è meglio spegnere la luce.

La scoperta fatta grazie a un finto profilo creato su Facebook tanti anni fa

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