Insulti alla Brigata ebraica Mattarella: eroi della libertà
Il capo dello Stato all’Altare della Patria, poi la cerimonia nel capoluogo lombardo «Non c’è equivalenza possibile tra chi sosteneva gli occupanti e chi li combatteva»
Migliaia di persone hanno partecipato ieri in tutta Italia alle celebrazioni per il settantesimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo. Da Milano, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha esaltato i valori della Resistenza e definito quella di ieri «festa della libertà di tutti»: ma ha anche sottolineato come «per noi democrazia oggi vuol dire anche battaglia per la legalità e lotta severa contro la corruzione».
Nel corteo di Milano si sono registrati momenti di tensione quando i partigiani della Brigata ebraica — accompagnati dal servizio d’ordine del Pd — sono stati insultati da alcune decine di manifestanti. Solidarietà del premier Matteo Renzi: «No a divisioni e polemiche».
«Per noi democrazia oggi vuol dire anche battaglia per la legalità. Vuol dire lotta severa contro la corruzione». Sergio Mattarella, fino a quel punto assolutamente misurato, aggiunge colore e enfasi alla voce. Per il capo dello Stato democrazia significa anche «contrasto aperto contro le mafie e tutte le organizzazioni criminali, che sono una piaga aperta nel corpo del Paese». E richiama al dovere le istituzioni, che «devono tenere alta la guardia e chiamare a sostegno i tanti cittadini e le associazioni che costituiscono un antidoto di civismo e di solidarietà».
La prima mattina è a Roma, con la deposizione della corona d’alloro all’Altare della Patria, presenti tra gli altri il premier Matteo Renzi, il presidente del Senato Pietro Grasso e la ministra Roberta Pinotti. Poi, il presidente si sposta a Milano, accolto da una giornata bigia. Ma al suo arrivo al Piccolo teatro Paolo Grassi, dove si svolge la cerimonia per i settant’anni dalla Liberazione, verrà salutato da un lungo applauso, che insiste fino a quando lui non entra nella sala che fu il laboratorio delle magie di Giorgio Strehler. Il ricordo parte con la proiezione delle scene di uno spettacolo teatrale messo in scena da quattro scuole di Milano e Sesto San Giovanni, l’inno nazionale è cantato dagli allievi di un altro istituto: la presenza dei giovanissimi è la nota che spicca sull’intera giornata. Prima di Mattarella, prendono la parola il sindaco di Milano Giuliano Pisapia e poi lo storico Lucio Villari. Quando tocca a Carlo Smuraglia, il presidente dell’associazione nazionale partigiani (Anpi), alcune voci, isolate all’inizio, cominciano a cantare: «Una mattina, mi son svegliato...». In un istante, tutta la sala del Piccolo si unisce al coro e Smuraglia si rivolge a Mattarella: «Sia chiaro che è stato un moto spontaneo, non preparato ma proveniente dal cuore. Un omaggio personale a lei e un saluto caloroso».
L’intervento del capo dello Stato è ricco di citazioni, Mattarella ricorda Sandro Pertini che annuncia lo sciopero e l’insurrezione da Radio Milano libera e i due sindaci partigiani della città, Antonio Greppi e Aldo Aniasi. Arriva l’omaggio per il Piccolo teatro, perché la cultura sostiene «quello spirito critico che è condizione dello sviluppo, della tolleranza, e dunque della tenuta dello stesso ordinamento democratico». Ma c’è spazio anche per ricordare le sorelle Lidia, Liliana e Teresa Martini,«che guidarono la fuga dai campi di concentramento di decine e decine di prigionieri alleati». E poi padre Placido Cortese, Ezio Franceschini e Concetto Marchesi. Un pensiero anche per Enzo Sereni, della Brigata ebraica, scomparso a Dachau. Infine, i predecessori Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano.
Il capo dello Stato passa poi a ricordare che «l’unità nazionale, e la stessa democrazia, sono beni tanto preziosi quanto deperibili. L’unità del Paese esige che le fratture sociali provocate dalla crisi economica siano ricomposte, o quantomeno medicate, con azioni positive». In questo contesto, il diritto al lavoro è «la priorità delle priorità».
Quindi, il presidente si sofferma su un tema che non cessa di accendere discussioni, e cioè l’assimilazione dei caduti della Resistenza a quelli che ad essa si opposero. Mattarella è chiarissimo: «Non c’è equivalenza possibile tra la parte che allora sosteneva gli occupanti nazisti e la parte invece che ha lottato per la pace, l’indipendenza e la libertà». Certo, c’è la «pietà per i morti» e anche il rispetto «dovuto a quanti hanno combattuto in coerenza con i propri convincimenti: sentimenti che, proprio perché nobili, non devono portare a confondere le cause, né a cristallizzare le divisioni di allora». Certo, senza nascondersi che nella Resistenza, accanto a «tanti straordinari atti di generosità, ci furono anche alcuni gravi episodi di violenza e colpevoli reticenze». Ma questo «non muta affatto il giudizio storico sulle forze che consentirono al Paese di riconquistare la sua
L’incontro Il presidente tra i giovani al Piccolo teatro. E la sala gremita intona «Bella ciao»
indipendenza e la sua dignità».
Mattarella non si sottrae a una riflessione sull’Europa, che «deve essere all’altezza del passaggio epocale». Perché «il destino delle nostre democrazie è affidato a un continente che non deve mai dimenticare i valori morali e sociali su cui poggia la propria civiltà».
Al termine della cerimonia, per il capo dello Stato il ritorno a Roma è con il viaggio inaugurale del Frecciarossa 1000, il nuovo super treno di Trenitalia. A cucinare per gli ospiti, lo chef Carlo Cracco.