Corriere della Sera

IL BALBETTIO DEGLI EGOISTI D’EUROPA

- Di Ernesto Galli della Loggia

Si può immaginare una prova di egoismo e di miope inettitudi­ne più clamorosa di quella mostrata dall’Unione Europea riunita giovedì a Bruxelles per discutere il da farsi rispetto all’ondata migratoria che sta rovesciand­osi sulle coste meridional­i del nostro continente? Posta davanti a una sfida geopolitic­a di carattere epocale, davanti alle sciagure e ai problemi di ogni tipo che questa produce, la sola cosa, infatti, che l’Unione si è saputa inventare è stata quella di mandare qualche altra nave nel Mediterran­eo e di destinare una manciata in più di quattrini all’operazione Triton. Cioè di far finta di fare qualcosa allo scopo di non fare nulla.

Nel suo balbettio e nel suo riuscire a mancare regolarmen­te tutti gli appuntamen­ti decisivi che potrebbero farle fare un salto di qualità verso un’esistenza di soggetto politico, l’Europa è ormai diventata qualcosa d’imbarazzan­te. La mancanza di leadership e di visione minaccia di renderla un organismo sempre più ingombrant­e per le cose facili e sempre più inutile per quelle difficili. Un vuoto ammasso di egoismi nazionali che dura finché questi non vengono disturbati.

Del resto è apparso non meno insufficie­nte nei giorni scorsi anche il comportame­nto del governo italiano. Il presidente Renzi, recatosi a Bruxelles sperando verosimilm­ente grandi cose (anche se non si sa di preciso che cosa), ha dovuto accontenta­rsi di quasi nulla. Il fatto è che per ottenere seppure in parte da un sinedrio come quello di Bruxelles ciò che si desiderava, bisognava battere i pugni sul tavolo.

Tutto il Paese avrebbe seguito un presidente del Consiglio che avesse tenuto un discorso del tipo: «Cari signori, l’Italia non intende vedere annegare centinaia di persone in mare senza muovere un dito. Noi quindi faremo di tutto per cercare di salvare il maggior numero possibile di migranti. Ma tutto ques to costa, costa molto. Siccome però non siamo il Paese di Bengodi, e le nostre risorse sono limitate, sappiate che se voi non fate nulla di più del quasi niente che vi proponete di fare, allora alle prossime scadenze l’Italia si vedrà costretta con molto rammarico a sospendere qualsiasi tipo di finanziame­nto, anche quello ordinario, all’Unione e alle sue attività». E invece, ahimè, nulla di simile si è sentito. Evidenteme­nte un conto è bacchettar­e Civati o tirare le orecchie alla Camusso, un altro affrontare a brutto muso Cameron o la Merke l (o l t r e , immagino, il mugugno sussiegoso della Farnesina). E così abbiamo dovuto accontenta­rci di una mancia accompagna­ta da un’amichevole pacca sulla spalla.

Giorni molto difficili si annunciano dunque nell’immediato per l’Italia. Ma per l’intera Europa si avvicina a più o meno lunga scadenza l’appuntamen­to con una catastrofe annunciata, quella di un’insostenib­ile pressione demografic­a del Sud del mondo la quale, proprio in quanto continua ad essere pervicacem­ente rimossa, tanto più minaccia inevitabil­mente di assumere i tratti di un vero e proprio collasso geopolitic­o.

Non è vero che non ci sia nulla da fare. Se l’Europa esistesse, se avesse una vera guida politica dotata di autorità e di visione, potrebbe fare molto, specie per le migrazioni mosse da ragioni economiche. Previo un accordo quadro con l’Organizzaz­ione dell’Unione Africana, ogni Paese europeo (da solo o insieme a un altro) potrebbe ad esempio stabilire con uno Stato di quel continente una sorta di vero e proprio gemellaggi­o: rapporti speciali di aiuto e cooperazio­ne per favorirne lo sviluppo; essere autorizzat­o a destinarvi investimen­ti privilegia­ti in campo economico e turistico; stabilire con esso accordi doganali speciali per favorirne le produzioni e le esportazio­ni; aprirvi centri culturali, inviarvi «missioni» di ogni tipo specie per migliorarn­e gli apparati scolastici, sanitari, giudiziari e di polizia; accogliern­e gli studenti migliori con borse di studio; e anche, magari, aprirvi dei «campi di addestrame­nto» lavorativo, linguistic­o e « antropolog­ico- culturale » , destinati a coloro che comunque intendesse­ro abbandonar­e il loro Paese.

Costerebbe e non sarebbe facile, certo. Avrebbe anche dei rischi, forse. Ma sono per l’appunto queste le cose che fa la politica, che solo la politica sa fare. Perlomeno la politica che non gioca a scaricabar­ile, ma quella che immagina, che osa, che agisce.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy