Corriere della Sera

Quel museo a cielo aperto fatto di templi e pagode

- di Pietro Verni

Èstatodeva­stato uno dei patrimoni artistici più importanti dell’Asia. L’imponente Bhimsen Tower, alta oltre 60 metri, è crollata. Ma è tutto l’universo artistico della valle di Kathmandu, capitale del Nepal, ad essere stato aggredito. Il valore culturale di questi luoghi è immenso.

Certo il primo pensiero è per la tragedia umana. A quelle centinaia, forse migliaia, di persone uccise dai due brividi che hanno attraversa­to il corpo della Terra nel cuore della valle di Kathmandu. Ma oltre al lutto umano siamo in presenza di un’altra tragedia. Quella architetto­nica, che ha devastato uno dei patrimoni artistici più importanti dell’Asia. È crollata l’imponente Bhimsen Tower, la torre di Dharahara, alta oltre 60 metri, già restaurata dall’Unesco dopo il terremoto del 1934. Ma è tutto l’universo artistico della valle di Kathmandu ad essere stato aggredito dal sisma. Il valore culturale di questi luoghi è immenso: la capitale del Nepal e le vicine cittadine di Patan, Badghaon, Pasupatina­th, custodisco­no tesori di valore inestimabi­le e costituisc­ono una sorta di museo all’aperto dell’architettu­ra asiatica, in modo particolar­e di quella religiosa. La qualità e la quantità delle opere d’arte in quei luoghi ha dell’incredibil­e. Costruiti in pietra e legno, templi di derivazion­e indiana sorgono al fianco di pagode a più piani frutto di una rara ed elegante sintesi indo-sino-nepalese. In questo momento non si ha ancora un quadro preciso di quali edifici siano crollati, quali danneggiat­i e quali abbiano resistito. Le prime immagini sono terrifican­ti. Cumuli di macerie segnano le piazze e le vie di quello che fino a ieri era uno dei più preziosi percorsi della memoria. Non trovo notizie del grande stupa di Swayambuna­th, sulla cima di una collina a 3 km dal centro di Kathmandu. È (era?) uno dei simboli del Nepal, con le quattro grandi paia di occhi del Buddha che guardano in ogni direzione. Nessuna notizia certa dell’altro grande monumento buddhista della valle, lo stupa di Bodnath. Ci si interroga sulla sorte di Pasupatina­th, la «Benares nepalese» sulle rive del fiume Bhagmati. E su quella dei cinque stupa fatti erigere a Patan nel 250 a. C. dall’imperatore Ashoka, e del Palazzo Reale i cui cortili sono (erano?) un caleidosco­pio di intarsi, nicchie, cornici di porte e finestre. E chissà qual è la sorte dei monumenti di Bhadgaon, la più antica città nepalese, e del tempio di Nyatapola che con i suoi cinque piani è (era?) il più alto del Nepal. Nelle prossime ore sarà possibile fare un bilancio più preciso. Di sicuro, sappiamo che non solo le donne e gli uomini del Nepal, ma tutti noi siamo oggi più poveri. * Esperto di Nepal e Tibet, autore della

biografia autorizzat­a del Dalai Lama

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