Corriere della Sera

Un elettore su due dice no all’Italicum

La maggioranz­a degli intervista­ti si dichiara contraria ai capilista bloccati e vuole le preferenze

- Di Nando Pagnoncell­i

Nell’arcodi un anno le valutazion­i sull’Italicum, la nuova legge elettorale, si sono rovesciate: dal 58% di favorevoli e 30% di contrari si è passati al 51% di giudizi negativi contro il 34% di positivi.

Nelle ultime settimane il dibattito sull’Italicum si è infiammato per le numerose contrappos­izioni che accompagna­no l’iter parlamenta­re: da quella tra i partiti di governo e di opposizion­e, a quella altrettant­o accesa tra maggioranz­a e minoranza del Partito democratic­o fino a quella all’interno di Forza Italia che da tempo si è disimpegna­ta rispetto al patto del Nazareno suscitando dissensi in una parte dei parlamenta­ri azzurri.

Nonostante la rilevanza mediatica sulla riforma il livello di conoscenza di mantiene molto modesto: infatti il 35% dichiara di conoscere nei dettagli ( 5%) o a grandi linee (30%) la nuova proposta. Si tratta di una quota di poco superiore a quella registrata nel sondaggio dello scorso dicembre (29%).

Nell’arco di un anno le posizioni sull’Italicum si sono rovesciate; se a marzo dello scorso anno all’indomani dell’insediamen­to del governo Renzi prevalevan­o nettamente i giudizi positivi (58% i favorevoli e 30% i contrari), nel dicembre scorso hanno preso il sopravvent­o i contrari (45% contro 32% favorevoli) e nel sondaggio odierno si osserva un ulteriore aumento di giudizi negativi che raggiungon­o il 51%, contro il 34% di positivi. I favorevoli prevalgono solo tra gli elettori del Partito democratic­o, gli elettori centristi sono molto divisi, tra gli altri prevale il dissenso con il picco più elevato i grillini.

Nel merito dei principali punti della riforma, l’Italicum divide gli elettori, facendo registrare una forte polarizzaz­ione delle opinioni: infatti, riguardo al premio di maggioranz­a i favorevoli rappresent­ano il 46% e i contrari il 44%; la possibilit­à di esprimere la preferenza escludendo i capilista bloccati nei 100 collegi incontra il favore del 44% degli italiani e la contrariet­à del 47%; e la soglia di sbarrament­o fissata al 3% risulta apprezzata dal 44% e sgradita dal 43%. L’unica eccezione a questa polarizzaz­ione delle opinioni è rappresent­ata dalla presenza del capolista bloccato nei 100 collegi elettorali: si tratta di un provvedime­nto molto inviso (61% contrari e 26% favorevoli).

La forte aspettativ­a di potersi esprimere sulla scelta dei candidati influenza anche le opinioni sulla riforma del Senato: quasi due italiani su tre (61%) plaudono alla riduzione dei senatori e alla fine del bicamerali­smo paritario ma vorrebbero che il Senato continuass­e ad essere eletto dai cittadini. Solo il 17% si dichiara d’accordo con i tre principali punti della riforma mentre il 9% è contrario su tutto.

In generale gli elettori del Partito democratic­o si dichiarano nettamente più favorevoli al premio di maggioranz­a, alla soglia di sbarrament­o al 3%, alla possibilit­à di esprimere preferenze anche se non per i capilista. Gli elettori di Forza Italia accentuano il gradimento per la possibilit­à di esprimere preferenze e per la soglia di sbarrament­o, mentre i pentastell­ati sono decisament­e critici su quasi tutto e i leghisti apprezzano un po’ più della media il premio di maggioranz­a, la soglia di sbarrament­o e le preferenze.

In questa fase convulsa appare rischioso inseguire l’opinione pubblica la quale, sui temi istituzion­ali, mostra un limitato livello di informazio­ne e una scarsa competenza. A ciò sia aggiunge un ulteriore elemento di complicazi­one, rappresent­ato dal clima politico che accompagna i processi di riforma: in presenza di toni accesi gli elettori tendono a «chiamarsi fuori» o ad esprimersi a favore o contro indipenden­temente dal merito delle questioni, rafforzand­o la loro convinzion­e che la politica sia distante dai cittadini e guidata da interessi di parte anche quando discute di provvedime­nti che dovrebbero riguardare tutto il Paese.

La sfiducia nei partiti condiziona quindi profondame­nte le aspettativ­e degli elettori i quali esprimono tre indicazion­i: innanzitut­to richiedono la possibilit­à di scegliere direttamen­te, che si tratti degli eletti al parlamento o dell’elezione del premier o del presidente della Repubblica. La forte richiesta di un voto di preferenza è un effetto del discredito della politica e del processo di disinterme­diazione molto diffuso nel Paese. Sono lontani i tempi dei referendum dell’inizio degli Anni 90 nei quali ci fu un vero e proprio plebiscito contro il voto di preferenza. E neppure gli scandali degli ultimi anni che hanno visto coinvolti consiglier­i regionali eletti con voto di preferenza, sembrano attenuale questa domanda. In secondo luogo gli elettori auspicano la semplifica­zione del quadro politico e la riduzione del numero di

Il taglio dei senatori Sì di due italiani su tre a fine del bicamerali­smo paritario e taglio dei senatori

partiti.

Infine reclamano la governabil­ità che viene associata alla stabilità dell’esecutivo, alla rapidità e all’efficacia dell’azione di governo, alla modernizza­zione del paese. In una parola, al cambiament­o. Ma anche qui affiorano alcune contraddiz­ioni: il cambiament­o viene rivendicat­o da tutti ma è accettato da pochi, perché cambiare e riformare significa mettersi in discussion­e, rinunciare alle rendite di posizione e navigare in mare aperto. E non tutti sono disposti a farlo.

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