Corriere della Sera

Renzi sfida gli ex leader pd

Renzi convinto che Bersani e D’Alema vogliano fermare i giovani

- di Maria Teresa Meli

«Mi pare che l’abbiamo spiegato bene l’altra sera: se si va sotto sull’Italicum, tutti a casa». Matteo Renzi non demorde, nonostante le polemiche di Bersani, che lo ha accusato di voler fare «pressioni indebite» sul Parlamento per condiziona­re il voto dei deputati sulla riforma elettorale. Per il premier, in caso di fallimento, ci sono solo le urne.

In questo 25 aprile (che aveva cominciato a festeggiar­e in anticipo, andando a Marzabotto, mercoledì scorso) il presidente del Consiglio non sembra voler deludere i cittadini che in mattinata, mentre accompagna­va Sergio Mattarella all’altare della Patria, gli hanno gridato: «Rottamali tutti». A loro ha risposto con le stesse parole che è solito ripetere in questi giorni per dimostrare «che l’Italicum va assolutame­nte approvato»: «Non mollo». Del resto, Renzi lo ha ribadito più e più volte: «La legislatur­a ha un senso solo se si fanno le riforme». Lungi da lui l’idea del «tirare a campare» di andreottia­na memoria.

Il premier è comunque conscio dei diversi movimenti attorno al suo governo. Sa che non sono pochi quelli che, anche nel centrosini­stra, vorrebbero vederlo cadere. Enrico Letta e Romano Prodi, per esempio, lo hanno preso di mira da qualche giorno. E, appena possono, non gli risparmian­o frecciate, dirette o o indirette. Sembrano quasi voler contrappor­re al Partito democratic­o versione Renzi l’Ulivo del tempo che fu. Quella, però, è un’esperienza, seppur bellissima, di «venti anni fa», ha tenuto a sottolinea­re il presidente del Consiglio venerdì sera a «Otto e mezzo», ospite di Lilli Gruber. E quindi ora «bisogna andare avanti».

Ma Letta e Prodi, nonostante le loro punzecchia­ture continue, «non preoccupan­o», ha confidato il premier ai fedelissim­i. «L’avremo vinta su chi vorrebbe vedermi cadere » , spiega il presidente del Consiglio, il quale è convinto che il governo non si schianterà nemmeno sullo scoglio della situazione economica, come paiono pensare i suoi critici. «Nei prossimi dodici mesi — sostiene sicuro Renzi — l’economia crescerà».

Quanto all’Italicum, che è il prossimo appuntamen­to importante per il governo, l’inquilino di Palazzo Chigi è convinto che su quella legge, alla fine della festa, avrà «una maggioranz­a blindata». Anche perché «la minoranza non è compattiss­ima e la linea oltranzist­a non la seguiranno in molti». Ma quella è la linea sposata da personalit­à di peso del Partito democratic­o. Come Bersani. O come D’Alema, il quale avverte: «Sono irrottamab­ile». I due ex leader pd, però, secondo Renzi, «non riuscirann­o a farci tornare al passato».

Ora D’Alema e Bersani, ad avviso di Renzi, sono impegnati in una battaglia interna alla componente di minoranza del partito: «Loro vogliono contare ancora, fermando i giovani e influenzan­doli » , spiega ai più stretti collaborat­ori. E a suo giudizio è proprio alla cattiva influenza dei vecchi leader che si devono le dimissioni di Roberto Speranza da capogruppo, in polemica con l’Italicum.

Italicum su cui, sebbene il premier non lo dica esplicitam­ente, il governo ha praticamen­te già deciso di porre la fiducia. Sulla legge, ma non sulle pregiudizi­ali di costituzio­nalità. Su quelle Renzi e i suoi sono molto più cauti e alla fine dovrebbe prevalere l’idea di non mettere la fiducia. Come potrebbe farsi strada l’ipotesi di un mini rinvio delle votazioni dell’Italicum nella prima settimana di maggio. Si tratterebb­e di uno slittament­o tecnico, dovuto al fatto che in questo ultimo scorcio di aprile il regolament­o della Camera dei deputati non prevede il contingent­amento dei tempi.

Una volta conclusa la battaglia sulla riforma elettorale, Renzi tornerà a tendere la mano alla minoranza. Sul disegno di legge costituzio­nale che prevede la modifica dell’attuale bicamerali­smo, per esempio. Ma non è solo per i numeri ballerini dell’assemblea di Palazzo Madama, dove quel ddl verrà prossimame­nte esaminato, che Renzi medita di aprire a radicali cambiament­i: «Al Senato ho la fila di quelli che vogliono stare con noi», sostiene infatti il presidente del Consiglio. È una questione di strategia più ampia, la sua. D’altra parte, alla minoranza non dispiacerà nemmeno l’intenzione del premier, anche quella già annunciata, di procedere con i diritti civili (unioni di fatto e ius soli). Ma è inevitabil­e che il secondo dei due argomenti, che si incrocia necessaria­mente con l’emergenza immigrati, verrà affrontato seriamente solo dopo l’appuntamen­to elettorale del 31 maggio.

O la legge o le urne Il premier insiste sul fatto che senza il sì all’Italicum ci sono soltanto le urne Trattativa sul Senato L’idea di riaprire la trattativa sul Senato, ma dopo la legge elettorale

(Benvegnù, Guaitoli, Leone)

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