CANDIDATA E PM DIGERONIMO IN UNA NUOVA PORTA GIREVOLE
Neanche il tempo di uscire dal consiglio comunale di Bari, e già Desirée Digeronimo si prepara a entrare in quello regionale, al seguito del suo amico e collega Michele Emiliano. Entrambi sono infatti magistrati. Prestati alla politica, certo. Ma pur sempre magistrati, e non perché rimasti fedeli alla toga e ai valori della cultura giuridica, ma più terra terra perché né l’uno né l’altro si è mai formalmente dimesso. E ciò pur essendo lui ex primo cittadino di Bari, attuale segretario regionale del Pd e candidato governatore benedetto da Renzi; e lei candidata sindaco per una lista civica: fu battuta dall’attuale sindaco del capoluogo Antonio Decaro, anche lui passato, indenne, per una sua indagine. In consiglio comunale, Digeronimo c’era finita proprio in quella occasione. Poi però il Tar ha stabilito che il seggio le era stato illegittimamente attribuito. «Per me Miss Italia finisce qua», commentò lei, leggera, su Facebook. Ma si sottovalutava. Negli insoliti panni di Enzo Mirigliani, storico patron del concorso in bikini, Emiliano l’ha subito rimessa in gara. E lo ha fatto, tra l’altro, proprio mentre si complimentava con Nichi Vendola per aver regalato alla Puglia dieci «meravigliosi» anni di governatorato: da un lato gli diceva questo, inducendolo alla commozione fino alle lacrime, e dall’altro lo infilzava inserendo in lista Digeronimo, che di Vendola, poi assolto, è stata la grande accusatrice: da pm gli attribuì il concorso in abuso d’ufficio per aver favorito un primario. Tutto questo sembra quasi un remake di un vecchio «guardie e ladri». Ma purtroppo non è un film. Un padre costituente diceva che quando per la porta della magistratura entra la politica, la giustizia esce dalla finestra. A Bari politica e giustizia intasano porte, finestre e balconi.
@mdemarco55 Su Corriere.it Puoi condividere sui social network le analisi dei nostri editorialisti e commentatori: le trovi su www.corriere.it aro direttore, oggi non è solo l’occupazione a scarseggiare drammaticamente. Talvolta è anche il lavoro fatto bene, il cui valore è difficile da valutare, ma elevato. È vero, non tutti hanno la fortuna di svolgere un’attività che sia fonte di realizzazione personale, oltre che di sostentamento. Ma non è solo per il compenso che si affrontano compiti impegnativi, a rischio di insuccesso, magari pericolosi. Né per eroismo o solo per la fama. Forse è perché qualcuno meglio di altri comprende il valore di raggiungere un obiettivo, aprire una strada, migliorare realtà dissestate.
Il lavoro mette le persone in relazione tra loro e porsi domande semplici, come quali siano le esigenze di chi trae beneficio dal nostro impegno, può essere un passo nella ricerca di un significato per ciò che facciamo ogni giorno. Come clienti, può capitarci di rimanere