Corriere della Sera

IL NEMICO NON È L’AMERICA

- Di Angelo Panebianco

Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, porgendo le scuse alle famiglie, nella sua qualità di comandante in capo delle forze armate, si è assunto la responsabi­lità per la morte dei due cooperanti Giovanni Lo Porto e Warren Weinstein. Speriamo che a nessuno, qui da noi, venga in mente di spedirgli un avviso di garanzia. I precedenti non mancano. È il caso, ad esempio, della mirabolant­e inchiesta giudiziari­a degli anni Novanta denominata Cheque to Cheque, a proposito di un supposto traffico d’armi internazio­nale. Quell’inchiesta, naturalmen­te, finì come doveva finire, ossia in niente. Ma tenne per mesi e mesi le prime pagine dei giornali anche perché era stata condita e «caricata» con indagini su personalit­à internazio­nali varie, dall’allora leader nazionalis­ta russo Zhirinovsk­i all’arcivescov­o di Barcellona. Non accadrà anche a Obama (si spera) ma ciò che rende una tale eventualit­à non del tutto implausibi­le è il clima che si respira oggi nel nostro Paese. Sembra, ad ascoltare certi commenti, che gli americani siano il «nemico», i veri assassini. Assassini reticenti, per di più: il principale tema in discussion­e è se Obama sapesse o non sapesse e, nel caso sapesse, perché non l’abbia detto prima. Si perde così di vista l’essenziale. E l’essenziale è che se anche gli americani hanno commesso un errore (e chi non ne commette in guerra?) i nemici, gli assassini, non sono loro: sono coloro che hanno rapito, imprigiona­to per anni e mai rilasciato Lo Porto e Weinstein.

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