Corriere della Sera

Il mondo in soccorso del Nepal

Ponte aereo dall’India, specialist­i dalla Cina, si muove l’Onu Un team dell’Unità di crisi della Farnesina verso Kathmandu

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Guido Santevecch­i

Gli scienziati lo chiamano «sciame sismico», ma ieri dopo mezzogiorn­o i sopravviss­uti di Kathmandu e di decine di villaggi nepalesi devastati hanno dovuto sopportare un altro terremoto, perché la scossa di assestamen­to ha avuto la forza di 6.7 punti sulla scala Richter. «La terra continua a tremare e tutti gli spazi all’aperto tra le rovine di Kathmandu sono pieni di gente stanca e angosciata, non potete immaginare la paura che proviamo qui, dopo ogni frustata si sentono il pianto e le urla di donne e bambini», riferisce Sanjay Karki, capo per il Nepal dell’agenzia umanitaria Mercy Corps. Piove e la temperatur­a non sale oltre i 14 gradi. Piccole spirali di fumo si alzano ai confini della città, dove amici e parenti delle vittime hanno cominciato a cremare i resti dei loro cari.

Il primo terremoto di sabato, 7.8 Richter, catastrofi­co, secondo le ultime stime delle autorità nepalesi ha causato almeno 2.300 morti e oltre 6 mila feriti. Ma mancano informazio­ni da decine di villaggi nella valle di Kathmandu dov’è l’epicentro dell’evento e dove si può arrivare già in tempi normali solo con auto fuoristrad­a, lungo sentieri stretti che ora sono stati interrotti da crepacci e valanghe. In queste zone i Paesi sono aggrappati ai fianchi delle montagne e le case sono fatte di pietre e malta, il timore è che siano state travolte dai massi franati o abbattute dalle scosse. Si potrà sapere solo quando arriverann­o gli elicotteri.

Il governo nepalese ha lanciato un appello: «Abbiamo bisogno di aiuti enormi». Per primi sono arrivati gli indiani con un ponte aereo che sta portando a Kathmandu medicinali e attrezzatu­re chirurgich­e, un ospedale da campo, una squadra di 40 soccorrito­ri con cani per la ricerca di sopravviss­uti. Si è attivata subito anche la Cina, con un team di 62 specialist­i nell’intervento dopo i terremoti. L’aeroporto di Kathmandu, l’unico della regione, è cos tr e t t o a ch i u d e r e a intermitte­nza a causa delle nuove scosse. Aiuti umanitari e specialist­ici e in denaro sono stati promessi da Usa, Russia, Gran Bretagna, Francia, Unione Europea, Pakistan, Australia, Nuova Zelanda, Singapore. L’elenco dei governi che si mobilitano cresce rapidament­e, sollecitat­i anche dall’appello alla solidariet­à lanciato dal Papa. L’Onu ha annunciato «un grande sforzo». Il Fondo monetario promette sostegno di lungo periodo. Dopo la gestione dell’emergenza bisognerà pensare alla ricostruzi­one e questa fase sarà delicata in un Paese uscito solo nel 2007 da una lunga insurrezio­ne di stampo maoista e diventato Repubblica nel 2008. Il premier Sushil Koirala ha chiesto ai suoi cittadini di restare uniti.

La situazione resta grave anche sull’Everest, dove centinaia di scalatori sono stati sorpresi da un’enorme valanga causata dalla prima scossa di sabato. Questa è la stagione in cui l’attività sportiva riprende sulla montagna più alta del mondo, distante circa 160 chilometri da Kathmandu. Il campo base nella zona di Khumbu, a 5 mila metri, è stato investito da una cascata di neve che ha ucciso 22 alpinisti e sherpa. Un centinaio di scalatori sono bloccati intorno ai campi base 1 e 2, ma c’è apprension­e per altri 200, dati per dispersi: si teme che siano stati seppelliti in punti diversi della montagna. La Farnesina ha rintraccia­to 300 turisti italiani in Nepal, illesi. In questo periodo si calcola che i viaggiator­i stranieri nella regione siano almeno 300 mila. Una squadra dell’Unità di crisi sta andando a Kathmandu per monitorare la situazione e fornire assistenza agli italiani.

La città vecchia della capitale è una distesa di rovine. Sono crollate le case di mattoni e i simboli della storia del Paese, come i palazzi reali e la torre a spirale Dharahara. Gli ospedali non sono più in grado di accogliere i feriti, medici e infermieri prestano soccorso all’aperto. A Kathmandu la settimana scorsa si erano riuniti 50 sismologi. «Era un incubo in attesa di diventare realtà», dice ora James Jackson dell’Università di Cambridge. «Fisicament­e e geologicam­ente è esattament­e quello che pensavamo sarebbe accaduto. Purtroppo nelle condizioni del Nepal un sisma come questo uccide molto più che in regioni sviluppate come la California e il Giappone: «Sono gli edifici che uccidono per come sono costruiti, non i terremoti».

Le ultime stime Almeno 2.300 morti e oltre 6 mila feriti. Ma mancano informazio­ni da decine di villaggi

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(Ap) Dolore Una donna in lacrime durante la cremazione delle vittime del terremoto a Kathmandu

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