«Così le scosse hanno travolto il nostro riparo a notte fonda»
«Il Nepal è stato raso al suolo. Nyalam e Kodari non esistono più». Valter Perlino, 54 anni ( nella foto, a sinistra), veterinario di Pinerolo con la passione per le escursioni, parla dal Shisha Pangma, una delle vette di 8 mila metri sulla catena del Tibet, dal suo telefono satellitare. Si trova lì con un altro piemontese, Sebastiano Audisio, 48 anni ( a destra), infermiere di Demonte (Cuneo) che con Perlino condivide le stesse passioni. «Siamo stati svegliati nella notte — ricorda Perlino — da scosse terribili che hanno rovesciato le nostre tende. E dire che ci trovavamo a quota ottomila». L’unico collegamento con il resto del mondo è il satellitare: «Facciamo in fretta perché la batteria è quasi scarica, utilizziamo il telefono solo per permettere alle nostre guide sherpa di contattare le loro famiglie». Subito dopo la prima scossa, la spedizione ha deciso di fare ritorno al campo base (5mila metri): «Lì, forse, potremo ricaricare il telefono», ma la discesa si presenta lunga. «Dobbiamo procedere con la massima prudenza — aggiunge Perlino —, perché le scosse di assestamento possono provocare delle slavine che per noi sarebbero fatali. Ora ci troviamo accampati in una conca, in piena sicurezza perché riparata, e poi procederemo verso il campo base. Stiamo tutti bene, ma siamo isolati. Non abbiamo problemi di cibo». Il piano dei due scalatori piemontesi era seguire i sentieri dei pellegrini sul Kailash, per poi percorre la cresta della «montagna sacra» in mountain bike. Un’impresa non particolarmente complessa per un uomo come Perlino che nel 2003 ha scalato l’Everest. «Non possiamo proseguire. Chi ci accompagna deve tornare a casa, ciascuno dalle proprie famiglie. Sperando di ritrovare ancora una casa. Le notizie che abbiamo sono di morte e desolazione».
Al cellulare Siamo al sicuro, ma chi ci accompagna non sa se ha ancora una casa